ROMA – È morto a Roma, all’età di 74 anni, il grande giornalista e cronista Giancesare Flesca. È stato stroncato da una malattia contro la quale ha sempre combattuto tenacemente e con grande coraggio.Nato a Reggio Calabria l’11 aprile 1945, si era laureato in giurisprudenza all’Università La Sapienza di Roma e da allora si é dedicato all’attività giornalistica. Per il settimanale Vie Nuove nell’aprile 1967 seguì da inviato con Mario Scialoja il colpo di stato dei colonnelli in Grecia e nel giugno dello stesso anno raccontò da Gerusalemme la guerra dei Sei giorni in Medio Oriente.
Nel 1968 venne assunto dal quotidiano Paese Sera e cominciò a collaborare con il settimanale l’Astrolabio, fondato e diretto da Ferruccio Parri. Sulle sue pagine Flesca seguì le vicende politiche romane, con particolare attenzione al confronto nel Pci e nel Psi, ma soprattutto le lotte studentesche e operaie di quegli anni: dal maggio francese ai conflitti sindacali nel triangolo industriale, alle bombe di piazza Fontana con i successivi depistaggi e repressioni, alla rivolta di Reggio Calabria, in cui schierò il giornale in polemica con le posizioni del Pci.
Nel 1974 passò a L’Espresso come notista politico. Si occupò della battaglia per il divorzio e per l’aborto in cui il settimanale era in prima linea, intervistò Amintore Fanfani, Enrico Berlinguer, Pietro Nenni, Pietro Ingrao. Nel 1975 diventò capo del servizio interni. Nel 1977 tornò ad occuparsi di politica internazionale, prima come capo del servizio esteri, poi come inviato. Seguì la rivolta di Solidarnosc in Polonia intervistando due volte Lech Wałęsa.
In Iran, poco prima che Khomeiny sbarcasse a Teheran per assumere il potere assoluto, un cecchino governativo durante una manifestazione gli sparò due colpi, uno al braccio sinistro, l’altro al torace. Le schegge raggiunsero il pericardio e la pleura. Dopo una lunga e dolorosa degenza, Ruhollah Khomeyni gli rilasciò la prima intervista della sua storia e gli fornì le credenziali per seguire da vicino la guerra esplosa con l’Iraq.
Nello stesso anno seguì l’occupazione sovietica dell’Afghanistan e la guerra del Kashmir. Si trovò assieme ad alcuni colleghi al seguito nel viaggio con cui Enrico Berlinguer e Giancarlo Pajetta si recarono a Pechino e in seguito a Pyongyang per ristabilire i rapporti con Deng Xiaoping e con Kim Il-sung. Al ritorno, Berlinguer gli concesse un’intervista di commento. Negli anni successivi altri reportage dall’Africa australe, ma soprattutto la copertura da Buenos Aires della Guerra delle Falklands e da Beirut dell’invasione israeliana del Libano.
Nel gennaio del 1985 Flesca fu corrispondente dell’Espresso dagli Stati Uniti, poi dal 1989 al 1991 inviato del settimanale Epoca, per conto del quale affrontò reportages nell’Europa dell’Est dopo la caduta del Muro, in Medio Oriente, in Namibia, in Argentina. Nel 1991 venne assunto come redattore capo al Tg3 dove tenne una rubrica sui giornali esteri. Collaborò anche con l’Unità, il Fatto quotidiano e infine, come editorialista, con l’Agl, agenzia del gruppo L’Espresso.
Giancesare Flesca lascia la moglie Margherita e i figli Alessandra e Giuseppe. I funerali sono stati celebrati oggi, a Roma, nella Basilica di San Lorenzo in Damaso in Piazza della Cancelleria.
Profondo cordoglio è stato espresso dal Sindacato Cronisti Romani, al quale si associa la redazione di Giornalisti Italia. (giornalistitalia.it)
Gravemente ferito in Iran fu il primo ad intervistare l’ayatollah Khomeini