Morto in Slovacchia dove viveva da tempo. È stato caporedattore del Tg2

Addio al giornalista Fabio Lusignoli

LuttoPRAGA (Repubblica Ceca) – Si è spento nella Repubblica Ceca, all’età di 87 anni, il giornalista Fabio Lusignoli. Viveva a Praga, la città nella quale si era stabilito con la moglie Regina Ickovicova ed i figli Tommaso e Anna.
Bitti (Fabio) Lusignoli era nato a Roma il 26 agosto 1930. Nella sua carriera ha collaborato con i quotidiani Paese Sera e Il Giornale d’Italia, per poi approdare alla Rai, dove è  diventato caporedattore esteri del Tg2.
Pensionato dal 1° gennaio 1991, nel 2001 ha pubblicato il libro di poesie “Forse una vita” (Edizioni dell’Altana), con una singolare “avvertenza editoriale”di Ruggero Savinio: «Un prodotto da usare con prudenza. Cos’è, un medicinale? Non è un medicinale. Un veleno? Nemmeno. È molto peggio. È un libro di poesia. Di quella vera. Di quella, cioè, che i pensieri non li scaccia ma li fa venire. Vizio antico di quegli autori (Ovidio & C.) che hanno sempre indotto le persone sensate a frequentarli con dovuta cautela. Sono personaggi a rischio. Ti coinvolgono nei fatti loro (spasimi e tormenti per le tante Beatrici, Laure o Dame Brune), caricandoceli addosso quasi fossero i nostri. Proprio come fa Lusignoli con questo “Forse una vita”. In modo tanto più insidioso in quanto per ricondurci al desueto esercizio di guardarci dentro, non ricorre a patetici richiami ma a semplici parole ingannatrici. Sono foglie deposte sul sentiero che a camminarci sopra ti ritrovi all’improvviso nello sprofondo della trappola nascosta, al cospetto non della “sua” ma della “tua” memoria. Un accenno a una strada, a un luogo vissuto, a un amore smarrito, a un cane fedele, a un paese perduto (raramente l’Italia ebbe più nudo e dolente rimpianto), e quando stai per adagiarti tranquillo nella moderna suggestione dei versi, eccoti inconsapevolmente travolto, frullato, amalgamato al resto come avviene al rosso delle uova quando si fa la maionese in casa. E ti accorgi, e non ti sembra neanche strano, che la tortora di Praga evocata alla fine di questo libro, somiglia tanto – ma proprio tanto, prodigiosamente – a un passero solitario». (giornalistitalia.it)

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