ROMA – È morto Adriano Paniccia, grande giornalista professionista e fondatore dell’agenzia Dire. Adriano è stato il mio primo direttore all’agenzia Dire. Vero che alla nascita dell’agenzia, a metà giugno del 1988, il direttore responsabile era Tonino Tatò con Paniccia condirettore, ma Tatò era spesso fuori redazione mentre Paniccia era sempre lì: primo ad arrivare e ultimo ad uscire.
Io a quel tempo, primo e unico praticante, mi sono ritrovato con una squadra di professionisti che avevano già fatto esperienza in quotidiani e radio nazionali, Paese Sera, L’Unità, La Gazzetta del Popolo, Gr1 Rai. Vere e proprie miniere di informazioni e di “dritte” sul mestiere di giornalista, su come avvicinare i parlamentari e come fare per farli parlare, magari prendendola un pochino alla larga per poi arrivare al punto; sul fatto che non bisognava mai mischiarsi con le loro vite, mantenendo sempre la giusta distanza personale e professionale. Adriano Paniccia amava il mestiere, per questo a volte non faceva sconti: «Nico, questo è il più brutto lancio di agenzia che abbia mai letto». Che umiliazione, che pianti a casa. Lo ricordo sempre, ferita aperta per anni, ma alla fine una vera lezione di vita professionale.
Una lezione che mi ha aiutato a migliorare sempre, a non sentirsi mai arrivati o chissà chi, per confrontarmi con i giovani colleghi che arrivavano man mano che passavano gli anni e cambiavano le responsabilità. Adriano Paniccia è stato un maestro, ricordo le tante storie che aveva seguito, mi piaceva starlo a sentire quando raccontava fatti di cronaca importanti che lo avevano impegnato molto perché non si accontentava di quello che sembrava, doveva sempre verificare e mettere a confronto fonti diverse. Ma soprattutto mi piaceva ascoltarlo quando parlava della cronaca politica.
Bastavano pochi lanci di agenzia e qualche dichiarazione di questo o quell’esponente di partito e Adriano riusciva immediatamente a capire dove la politica stava andando a parare, spesso molto prima degli altri. A quel punto noi della Dire, anche se pochi, appena una decina, avevamo comunque un vantaggio perché grazie al “naso politico” del direttore Paniccia sapevamo che cosa chiedere, come costruire i nostri servizi in modo differente dalla concorrenza.
«Non importa che abbiate tutti le stesse cose, io sulla Dire voglio qualcosa di nostro, di diverso, voglio che dicano: e la Dire che scrive?» ci ripeteva sempre. Sin dall’inizio la vita dell’agenzia Dire non è stata facile considerati i colossi delle altre agenzie nazionali con cui dovevamo confrontarci. Ma tutti i colleghi di quelle agenzie, nel corso degli anni e ancora oggi, possono testimoniare che la Dire ha sempre avuto un qualcosa in più, che la squadra dei suoi giornalisti riusciva sempre a differenziarsi grazie ad un punto di vista particolare. Lo dobbiamo a maestri come Adriano Paniccia, che con i loro esempi, con la pratica e il rigore quotidiano, hanno fatto entrare a forza nel nostro dna la passione per il giornalismo, strumento di analisi e di indagine sempre al servizio dei cittadini.
Sono passati tanti anni, il nostro mestiere è cambiato, ma sono sicuro che proprio maestri come Adriano Paniccia siano la lezione sempre vivente a cui attingere perché questo nostro mestiere duro e appassionante non muoia mai. Grazie Adriano per la fatica, lo sforzo e la cura per la qualità dell’informazione che hai sempre messo al centro dell’agenzia Dire. Alla moglie Donatella Antonioli, anche lei per tanti anni giornalista della Dire, e ai figli Costanza e Federico un abbraccio da me, e dagli oltre 130 dipendenti della Dire di oggi. (agenzia dire)
Nicola Perrone
Nel 1964 mi volle caporedattore della nuova sede dell’Agenzia a Bologna. La prima redazione regionale della Dire, oltre a quella centrale di Roma. Ricordo la sua presenza, i consigli, l’aiuto costante. Un vero Direttore. Addio, Adriano.