Storico, temuto e irriverente cronista parlamentare dell’Espresso, si è spento a 91 anni

Addio a Guido Quaranta, squalo da Transatlantico

Guido Quaranta (foto L’Espresso)

ROMA – «Sono uno squalo da Transatlantico»: così si definì Guido Quaranta, maestro dei cronisti parlamentari ed anche la penna più perfida e irriverente di Montecitorio per oltre mezzo secolo. La storica firma del settimanale “L’Espresso”, il primo a illuminare il “dietro le quinte” della politica già negli anni Sessanta, a strappare la velina dell’informazione ufficiale, perché “per metà” si sentiva “ficcanaso” e per metà “spione”, nel corso di una carriera da giornalista famoso e temuto, ha collezionato anche “schiaffi e insulti” insieme a querele, dichiarazioni di disistima e maledizioni.
È stato lo stesso Guido Quaranta – morto all’età di 91 anni questa mattina all’ospedale Gemelli di Roma dove era ricoverato dopo essere stato colpito da un ictus lunedì scorso – a raccontare la sua avventurosa vita di decano dei cronisti del Parlamento nell’autobiografia “Scoop, querele e qualche schiaffo”, pubblicata da Baldini & Castoldi nel 2001.
Nato a San Francesco al Campo (Torino) il 18 giugno 1927, prima di fare il giornalista Guido Quaranta ha venduto lucido da scarpe e tubolari per biciclette; ha fatto l’aiuto magazziniere per una società di telefoni, il cantante in un’orchestrina e lo scrutatore della Sial (il Totocalcio di una volta).
A vent’anni è entrato in un giornale portivo torinese, “Paese sportivo”, e, poi, pochi mesi dopo nella redazione torinese de “L’Unità” (era la primavera del 1947), dove si  occupò di sport.
Nel 1954 Quaranta si dimise da “L’Unità” e si trasferì a Roma, lavorando per un anno per “Noi donne”, rivista diretta da Maria Antonietta Macciocchi e in redazione la sua vicina di tavolo fu Carla Voltolina, la moglie del socialista Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica.
Nel 1956 entrò nella redazione di “Paese Sera” e nel 1959 iniziò come cronista parlamentare, rimanendo nel quotidiano romano per dieci anni.
Nel 1969 passò a “Panorama”, allora diretto da Lamberto Sechi: sul newsmagazine della Mondadori Guido Quaranta ruppe gli schemi del giornalismo politico, fatto di “pastoni” e di interviste compiacenti e cominciò a scrivere quello che veramente facevano e dicevano i parlamentari. Si guadagnava la fiducia di senatori e deputati e poco dopo la tradiva scrivendo tutto. E questo perchè, diceva Quaranta, «il giornalista deve essere perfido; deve usare una perfidia garbata ed elegante. Io cattivo? Sembro cattivo perchè non ho timore reverenziale».
Con il cambio di formato del settimanale “L’Espresso”, abbandonato il  “lenzuolo” per abbracciare il tabloid, a metà degli anni ’70 Guido Quaranta lasciò “Panorama” e passò nella squadra guidata dal direttore Livio Zanetti, diventando il pioniere e maestro del retroscena parlamentare.
Oltre all’autobiografia, Guido Quaranta ha pubblicato i libri “Due o tre cose che so di loro”, “Quelli del Palazzo”,
“Scusatemi ho il paté d’animo” e “Tutti gli uomini del Parlamento”, in cui racconta con arguzia i personaggi della politica da lui “visti da vicino”.
Quaranta non era solo irriverente, era anche burlone e e autoironico: «In Parlamento alcuni mi chiamano per nome, altri per cognome e più di uno invece con un soprannome: supposta». (adnkronos)
La camera ardente per Guido Quaranta sarà aperta domani, venerdì 11 gennaio, dalle 11 alle 12, al Policlinico Gemelli.

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