Una vita alla Stampa, aveva 95 anni. Fatale un incidente in vacanza in Spagna

Addio a Giuseppe Comazzi, il re dei tipografi

Giuseppe ed Alessandra Comazzi

TORINO – “Pinu”, nella tipografia del quotidiano La Stampa, è stato per decenni un punto di riferimento. I direttori del giornale – Giulio De Benedetti, Giorgio Fattori, Arrigo Levi e Gaetano Scardocchia – volevano che ci fosse lui per chiudere la prima pagina.
Giuseppe Comazzi, 95 anni appena compiuti, è morto in Spagna, a Barcellona, dove con la famiglia stava trascorrendo qualche giorno di vacanza. La figlia Alessandra – che si trovava con il papà – è stata prima redattore e caposervizio agli Spettacoli alla Stampa e, ora, critico teatrale free lance. Già segretario della Subalpina, adesso è presidente del sindacato dei giornalisti del Piemonte.
Pinu Comazzi era originario di Trino dove cominciano le risaie della provincia di Vercelli destinate a inseguirsi per un centinaio di chilometri verso Pavia. Aveva imparato il mestiere alle scuole dei salesiani e poi, all’inizio degli anni ’50, apprendista tipografo alla Stampa. In quegli anni, per chi voleva occuparsi di informazione, il quotidiano della Fiat rappresentava un punto d’arrivo.

Giuseppe Comazzi mostra la prima pagina al direttore Giorgio Fattori. In secondo piano si vedono: il vice direttore Giovanni Trovati e i caporedattori Pierangelo Coscia e Luca Bernardelli

L’assunzione vera e propria nel 1951 e poi, di passaggio in passaggio nella gerarchia interna, fino a diventare uno dei caposervizio del settore. Si faceva sentire se i titoli non quadravano o la lunghezza dei pezzi imponeva tagli esagerati. Voleva che le cose fossero precise e nel lavoro ci metteva il cuore, manco il giornale fosse di sua proprietà. Eppure, ogni sua protesta che impartiva con voce baritonale era, in qualche modo, una lezione.
Negli anni del quotidiano prodotto sul piombo, le mani e le dita dei tipografi come Pinu Comazzi erano indispensabili. Poi, con la fotocomposizione, le procedure si sono semplificate al punto che i vecchi del mestiere ammiccavano: “ma adesso è troppo facile…”
In pensione ci è andato nel 1982. Quella notte, chiuso il giornale, festa grande in tipografia. E ne andava una colonna che aveva assistito da protagonista a tre rivoluzioni industriali nel mondo dell’informazione.
Anche dopo il lavoro attivo, era rimasto legato alla Stampa e ai suoi uomini. Era robusto nel fisico e continuava interessarsi di una quantità di cose…compreso lamentarsi di come il giornale andasse peggiorando rispetto ai tempi suoi…
A Barcellona, un incidente. È caduto e si è incrinato una vertebra, frattura che gli ha procurato dolori violenti. La corsa all’ospedale è stata inutile. (giornalistitalia.it)

 

 

 

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