ROMA – Il Tribunale del Lavoro di Roma ha rigettato l’opposizione dell’Asp di Cosenza al decreto ingiuntivo dell’Inpgi riconoscendo, così, come subordinato il rapporto di lavoro con il giornalista Mario Campanella. Il giudice del lavoro della I Sezione, Vincenzo Selmi, ha infatti condannato l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza al pagamento dei contributi e delle spese processuali in favore dell’Istituto di Previdenza dei Giornalisti Italiani, difeso dall’avvocato Bruno Del Vecchio.
L’Asp di Cosenza aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale l’Inpgi, il 25 ottobre 2010, le intimava il pagamento della somma di 20.472 euro per omesso versamento di contributi e sanzioni civili, oltre ulteriori somme aggiuntive dovute per il periodo marzo 2004 – giugno 2005.
Il decreto opposto era stato richiesto ed ottenuto dall’Inpgi sulla base dell’accertamento ispettivo, all’esito del quale era stata contestata all’Asp la qualificabilità come subordinato, anziché autonomo, del rapporto di lavoro intercorso con Mario Campanella, il quale aveva svolto, presso l’ex Asl n. 4 di Cosenza, il ruolo di addetto stampa.
Il Tribunale di Roma, alla stregua dei principi affermati dalla Suprema Corte, ricorda che “i caratteri distintivi del rapporto di lavoro subordinato sono costituiti dall’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e dal suo assoggettamento ai poteri direttivi e disciplinari del datore di lavoro (con conseguente limitazione di autonomia) e tali caratteri sono i medesimi per qualunque tipo di lavoro, pur potendo essi assumere aspetti e intensità diversi in relazione alla maggiore o minore elevatezza delle mansioni esercitate o al contenuto (più o meno intellettuale e/o creativo) della prestazione pattuita; con riguardo al lavoro giornalistico, ed in ragione delle caratteristiche di esso e delle connesse difficoltà di cogliere in maniera diretta e immediata i suddetti caratteri distintivi, può farsi ricorso ad alcuni indici rilevatori della natura subordinata del rapporto, rilevando a tal fine la circostanza che il giornalista si tenga stabilmente a disposizione dell’editore, per eseguirne le istruzioni, anche negli intervalli tra una prestazione e l’altra, e rilevando invece in senso contrario la circostanza che le prestazioni siano singolarmente convenute in base ad una successione di incarichi con retribuzione commisurata alla singola prestazione” (Cass. n. 18660 del 23/09/2005 e n. 14832 del 14/07/2005).
La Corte di Cassazione afferma, inoltre, che “in tema di attività giornalistica, sono configurabili gli estremi della subordinazione – tenuto conto del carattere creativo del lavoro – in presenza
di indici rivelatori quali l’inserimento stabile nella struttura produttiva e la persistenza, nell’intervallo tra una prestazione e l’altra, dell’impegno di porre la propria opera a disposizione del datore di lavoro, in modo da essere sempre disponibile per soddisfarne le esigenze; né la subordinazione è esclusa dal fatto che il prestatore goda di una certa libertà di movimento e non sia obbligato al rispetto di un orario predeterminato o alla continua permanenza sul luogo di lavoro, non essendo neanche incompatibile con il suddetto vincolo la commisurazione della retribuzione a singole prestazioni” (Cfr., ad es., recentemente, Cass. n. 3320 del 12/02/2008, n. 16038 del 17/08/2004 e n. 8068 del 02/04/2009).
Il giudice Selmi osserva, quindi, che “la sussistenza di un contratto scritto tra le parti, in cui si attribuisca un determinato nomen iuris al rapporto che s’intende costituire, non è inoltre vincolante, qualora si dimostri che l’effettiva volontà dei contraenti sia stata, di fatto, diversamente orientata, stante la idoneità, nei rapporti di durata, del comportamento delle parti ad esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa volontà (cfr. Cass. n. 20669 del 25/10/2004).
In altri termini, qualora il comportamento concretamente osservato dalle parti stesse non sia conforme – ed, anzi, sia contrario – agli intenti cristallizzati nel contratto scritto, è al predetto comportamento effettivo che bisogna attribuire valore prevalente, nel qualificare il rapporto instaurato, senza che possa ritenersi vincolante il nomen iuris indicato dai contraenti”.
Nel caso dell’Asp di Cosenza non risulta oggetto di contestazione la qualifica soggettiva di giornalista professionista di Mario Campanella, né la natura giornalistica dell’attività da quest’ultimo prestata, né infine che nel periodo oggetto di contestazione, quest’ultimo abbia espletato la propria attività quale addetto all’ufficio stampa dell’Asp.
Dalla documentazione risulta, invece, che tra le parti sia stata stipulata, a partire dal gennaio dell’anno 2001, una convenzione, definita di collaborazione di libero professionale, con la quale Campanella si impegnava a fornire, dietro la corresponsione di un compenso mensile fisso (stabilito inizialmente nella misura di 3 milioni e mezzo di lire mensili) attività di addetto stampa della Asl n. 4 di Cosenza (poi divenuta Asp).
Non essendo presente un ufficio stampa, il giornalista avrebbe dovuto occuparsi di “sviluppare un’attività di relazioni con gli organi di informazione in stretto collegamento ed alle dipendenze del vertice «pro tempore» dell’Azienda” occupandosi, in particolare, “della redazione di comunicati riguardanti sia l’attività dell’Amministrazione e del suo vertice istituzionale, sia quella di informazione, promozione e lancio dei servizi; dell’organizzazione delle conferenze, incontri ed eventi stampa e del coordinamento dell’attività relativa alla rassegna stampa”.
Il Servizio Ispettivo dell’Inpgi ha dimostrato che, dal marzo 2004 al giugno 2005, Mario Campanella ha svolto attività di portavoce (pacificamente qualificabile come giornalistica) in modo sostanzialmente continuativo (a prescindere dal suo assoggettamento ad obblighi di presenza e di orario), con assoggettamento alle direttive e al potere datoriale del vertice dell’azienda pro tempore, rimanendo a disposizione per ogni esigenza relativa all’attività di comunicazione dell’Asp, svolgendo tale attività in modo personale ed usufruendo tanto dei mezzi dell’azienda (a prescindere dal fatto che avesse una sua postazione fissa) che del personale della stessa, con stabile messa a disposizione delle energie lavorative e inserimento nell’organizzazione aziendale.
Per il Tribunale di Roma, anche sulla scorsa di numerose prove testimoniali, “si evince con chiarezza la natura subordinata dell’attività lavorativa del Campanella, in quanto svolta in modo continuativo dietro un compenso fisso mensile (così come risulta dalle stesse delibere di incarico), con assoggettamento al potere direttivo e gerarchico datoriale (esercitato mediante le direttive ed il controllo del commissario straordinario e del direttore generale della opponente) con attività consistita nella cura di un servizio specifico dell’ente opponente (quello della tenuta dei rapporti con la stampa)”.
“Trattasi – sottolinea il Triunale di Roma – di attività prestata personalmente dal Campanella e avvalendosi dei beni aziendali e del personale dipendente dell’Asp con conseguente messa a disposizione stabile e continuativa delle sue energie lavorative e suo stabile inserimento nell’organizzazione aziendale dell’ente opponente (modalità di svolgimento dell’attività lavorativa comunque incompatibili con il mantenimento di quell’autonomia professionale peculiare del rapporto di parasubordinazione).
A nulla rileva del resto, anche in considerazione del particolare atteggiamento dell’elemento della subordinazione in professioni di natura eminentemente intellettuale quale l’attività giornalistica svolta dal ricorrente, la sussistenza di margini di autonomia nella elaborazione dei pezzi commissionati, così come irrilevante ai fini della
subordinazione risulta essere il fatto che lo stesso non fosse assoggettato a vincolanti obblighi di orario o di presenza”.
(giornalistitalia.it)
L’avv. Testa invoca la stabilizzazione
COSENZA – Il Tribunale del lavoro di Roma ha, dunque, definito subordinato il rapporto di lavoro tra il giornalista Mario Campanella e l’Asp di Cosenza. Il tribunale ha condannato l’Asp al pagamento dei contributi previdenziali relativi al periodo aprile 2004-giugno 2006, essendo prescritti gli altri anni. Tuttavia, avendo il dott. Campanella presentato istanza per riconoscimento subordinazione nel maggio 2008, altri 11 mesi previdenziali non risultano prescritti.
Il giudice ha qualificato subordinato il rapporto di lavoro intercorso alla luce degli elementi qualitativi e quantitativi prodotti dall’Inpgi che aveva effettuato l’accertamento, condannando l’Asp anche al pagamento di euro 2.500 per spese legali.
L’ispezione dell’Inpgi aveva accertato la subordinazione del rapporto di lavoro per il periodo 2000-2005, quindi nel pieno rispetto dei requisiti temporali per la stabilizzazione, ai fini della legge 296/06 e 244/07 che l’Asp si è sempre rifiutata di attuare giustificandola come assenza di subordinazione “nel nomen juris contrattuale”.
In data 27 ottobre 2009, l’allora Ministro per la funzione pubblica, Renato Brunetta, rispondendo a un’interrogazione parlamentare sul caso rispose che: “Infatti, in assenza di un accertamento del giudice del lavoro competente sulla presunta natura sostanzialmente subordinata del rapporto in lavoro in questione ed in mancanza di una statuizione avente autorità di cosa giudicata, non paiono sussistere i presupposti giuridici per assicurare al dottor Campanella il soddisfacimento della propria istanza.
Alla luce di questa sentenza, e in attesa delle deicisoni dell’altra causa incardinata presso il Tribunale Civile di Cosenza, faremo richiesta (stante la esecutività dell’atto) per la procedura di stabilizzazione del dott. Campanella, inopinatamente congelata dal 2008.
Giova ricordare che all’interno dell’Asp di Cosenza, per come censurato dalla prima sezione della Corte dei Conti, lavorerebbero centinaia di persone senza i titoli fattuali, in regime di precariato secondo le leggi succitate. In caso di ulteriore diniego alla stabilizzazione, ovvero alla messa in servizio di Campanella, procederemo con denuncia alla Procura della Repubblica competente nei confronti di tutti gli attori responsabili del comportamento omissivo ai sensi dell’art 323 del codice penale.
Prof. Avv. Antonio Testa