NOVARA – «Ma, almeno, una targa…!». L’editore Mariano Settembri vorrebbe che si ricordasse appropriatamente l’esordio di Giorgio Strehler che, nel 1943, a Novara, mandò in scena il suo primo spettacolo teatrale. E, fin da allora, si comprese che quel ragazzotto un po’ impacciato e molto timido, aveva del talento che lo avrebbe lanciato nel panorama artistico internazionale.
«Possibile – si domanda Settembri – che non si possa immaginare un qualche evento che possa celebrarlo?”
Lui, la sua parte, l’ha già fatta pubblicando un libro su “Il giovane Strehler”, affidato alla penna di Clarissa Egle Mambrini, che ha ricostruito l’avvio della carriera del regista. Non a caso il sottotitolo della pubblicazione precisa: “da Novara al Piccolo teatro di Milano”. L’editore, però, pretenderebbe che la città non lasciasse cadere nel vuoto la ricorrenza.
Fra Comune, Provincia, teatro Coccia o qualche associazione culturale, non c’è nessuno in grado di organizzare una pur piccola cerimonia rievocativa?
Nel 1943 (settantacinque anni fa), l’iniziativa di invitare Strehler venne presa da Egidio Bonfante e Vittorio Orsini, fratello di Umberto, destinato ad affermarsi come attore. I tre già si conoscevano perché collaboravano all’edizione di una rivista culturale, “Posizione”, che veniva stampata e diffusa a Novara. Per il palcoscenico, immaginarono di portare in scena tre testi di Pirandello raccontati in tre atti unici: “All’uscita”, “L’uomo dal fiore in bocca” e “Sogno (ma, forse, no)”.
La rappresentazione venne realizzata nel palazzo della “Casa Littorio” che disponeva di un salone sufficiente ad ospitare pubblico e scenografia. Alla fine della guerra, quel teatro è diventato il cinema Excelsior e il resto del caseggiato ha ospitato gli uffici della Questura (dove è tutt’ora).
La scrittrice Clarissa Egle Mambrini ricorda che lo spettacolo ebbe un successo superiore alle previsioni. Anche perché la regia si segnalò per la sua cifra anticonformista. Non si erano mai viste prima le barbe verdi e azzurre e le parrucche rosse che vennero utilizzate in quell’occasione.
Per questo Ugo Ronfani, che era la firma delle pagine culturali dell’allora Corriere di Novara, definì la messinscena “choccante”. Ma gli spettatori apprezzarono e quel battesimo teatrale portò fortuna a Strehler che cominciò la sua carriera di regista. Il Pirandello di Novara venne subito richiesto a Bergamo, fece il giro di mezza Italia e lui – Strehler – si guadagnò un posto nel pantheon dei registi del secondo Novecento.
«Veramente – è l’appello di Settembri – vale la pena ricordarsi di quell’episodio. È stato un evento culturale di fondamentale importanza. Novara, che l’ha tenuto a battesimo, non dovrebbe dimenticarsene». (giornalistitalia.it)