TORINO – È stato Ettore Boffano, cronista all’Agi, Agenzia Italia, Stampa Sera e poi caporedattore a Repubblica e Il Fatto Quotidiano, a consegnare, al Circolo della Stampa di Torino, il Premio Vera Schiavazzi a Monica Merola, salernitana di 27 anni, ex allieva del Master di Giornalismo di Torino, appassionata di cinema “fin da quando mio papà mi portava in sala con il passeggino”.
La giovane giornalista si è aggiudicata il podio nella prima edizione del Premio intitolato alla prestigiosa firma di Repubblica, Corriere ed Europeo, nonché direttrice della Scuola e del Master di giornalismo di Torino, morta improvvisamente due anni fa, con un servizio radiofonico sul Giffoni Film Festival dal titolo “‘Una maglietta e i suoi diritti: il caso Giffoni Film Festival”.
Per Monica Merola, dunque, tanta soddisfazione e 3mila euro, che la giuria ha così motivato: “Con il suo servizio radiofonico, realizzato curando i testi, il montaggio delle interviste e la colonna sonora, Monica ci dà un esempio di giornalismo sociale che cerca la positività e le realtà nascoste tra le contraddizioni e i drammi del Sud dell’Italia. Nello stesso tempo, con la cifra della sua scrittura e del suo sapere giornalistico, maturati come ex allieva del Master di Giornalismo ‘Giorgio Bocca’, ci offre, prima vincitrice di questo premio, la testimonianza suggestiva e concreta del magistero umano e professionale di Vera Schiavazzi”.
Premiati con una menzione speciale, in questa prima edizione del Premio Schiavazzi – organizzato dalla fondazione degli ex allievi del Master in giornalismo con il patrocinio dell’Associazione Stampa Subalpina, dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte e della Regione Piemonte – dedicata al tema dei diritti umani, anche Stefano Bertolino e Cosimo Caridi, autori di un servizio sulle migrazioni pubblicato su Internazionale dal titolo “Il medico siriano che cura i migranti nel gelo di Belgrado”.
Menzione anche per il video inedito di Anna Olivero incentrato sul tema dei diritti e del lavoro.
Durante la cerimonia di premiazione, è intervenuto, tra gli altri, Vladimiro Zagrebelsky, per nove anni (dal 2001 al 2010) giudice italiano alla Corte europea dei diritti dell’uomo e che ha sondato vari aspetti del rapporto tra libertà, diritti e informazione.
«In Italia – ha affermato Zagrebelsky – c’è un pluralismo di testate giornalistiche tale da garantire apparentemente la possibilità dei cittadini di formarsi un’opinione. Questo è alla base del sistema democratico, tuttavia le persone leggono un solo giornale, solitamente sempre lo stesso. Per questo facilmente restano sulle proprie posizioni e, talvolta, si tratta di posizioni fondate su un’informazione falsata o superficiale».
In uno scenario simile, va da sé che «molto delicato è il ruolo dei giornalisti – ha rimarcato il giudice –. D’altra parte il diritto di espressione è l’unico di quelli sanciti universalmente che si accompagna alla precisazione di dover essere svolto con responsabilità». (giornalistitalia.it)
La giornalista salernitana vince la I edizione del riconoscimento della stampa torinese