In mostra a Palazzo Reale 200 immagini del fotoreporter, vero erede d Robert Capa

A Milano la guerra vista da James Nachtwey

Una delle più celebri foto di  James Nachtwey: new York, World Trade Center, 2001

Una delle più celebri foto di James Nachtwey: new York, World Trade Center, 2001

MILANO – Il fotoreporter americano James Nachtwey, a Milano, per una mostra dei suoi lavori, a Palazzo Reale. Si tratta di 200 immagini, divise in diciassette sezioni, che raccontano – sotto il titolo “Memoria” – le guerre in giro per il mondo da El Salvador a Gaza, dall’Indonesia al Giappone. E, ancora: Romania, Somalia, Suda, Rwanda, Itaq, Afghanistan, Napal. Straordinaria la testimonianza fotografica dell’11 settembre 2001 quando un attacco kamikaze ha spazzato via le Twin Towers di New York,
L’esposizione resta aperta fino al 4 marzo 2018. L’organizzazione è stata affidata a Roberto Koch, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del comune di Milano e con il contributo della Fondazione Cariplo. La rassegna retrospettiva è la prima in Europa. L’anno prossimo proseguirà per Parigi, Londra, San Pietroburgo, ospite dei musei più accreditati.

 James Nachtwey

James Nachtwey

James Nachtvey, 69 anni, neworkese di Syracuse ha studiato storia dell’arte scienze politiche al Dartmouth College ma a segnarlo è stata la guerra del Vietnam che ha conosciuto dai resoconti giornalistici e dai documentari. La decisione di diventare un fotoreporter, anzi un fotoreporter di guerra, è nata lì. Il suo primo incarico nel quotidiano del Nuovo Messico. Poi freelance, facendo base a New York. Il suo primo servizio ha riguardato il terrorismo dell’I.R.A. nel nord Irlanda. Poi i teatri dei conflitti mondiali lo hanno sempre visto in prima linea.
È considerato il vero erede di Robert Capa. Entrambi hanno dedicato la vita a guardare la guerra attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica e entrambi si sono adoperati per descriverne le nefandezze. I suoi lavori colpiscono il cuore e la fantasia.

Un’altra straordinaria foto di Nachtwey

Le immagini sono di una puntualità straordinaria ma i soggetti ritratti comunicano l’orrore della violenza, spesso gratuita. Ma è proprio in questo modo che la guerra riesce a manifestare a coloro che non la vivono sulla propria pelle i suoi effetti perversi e suicidi.
Le sue fotografie sono uno strumento di lotta, un gesto di compassione di fronte a scene come in Bosnia, a Mostar, dove in una camera da letto un cecchino spara dalla finestra. O quando realizza i reportage sugli effetti della carestia in Darfur. O, ancora, sui danni causati dall’“agente arancio”, in Vietnam. Anche un sopravvissuto a un campo di concentramento Hutu, in Ruanda, con una cicatrice sul volto.

Ancora uno scatto in mostra a Milano

Non a caso, quando parla di sé e della sua “vocazione” per la prima linea del fronte, ammette: “Ho voluto diventare un reporter per essere un reporter di guerra. Ma ero guidato dalla convinzione che una foto che riveli il vero volto della guerra sia, quasi per definizione, una foto contro la guerra”. (giornalistitalia.it)

La grande fotografia di James Nachtwey

La grande fotografia di James Nachtwey

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