FERRARA – Tranquilli… il giornalismo su carta non rappresenta soltanto il passato. E il futuro non sarà consegnato in esclusiva al cyberspazio. La convinzione di Iris Chyi è definitiva e ha il sapore della profezia. Il mondo virtuale ha guadagnato spazio nell’immaginario collettivo, ma non ne esaurirà le esigenze. Dopo aver abbandonato i giornali tradizionali, i cittadini torneranno indietro per cercare notizie sui media più tradizionali.
Certo, non sarà un processo automatico e, per non farsi cogliere impreparati, occorrerà accompagnare questo percorso con un’informazione appropriata. Sarà necessario comprendere le esigenze del lettore e assecondarle con puntualità.
Iris Chyi, discendente da una famiglia cinese della provincia di Canton il cui nonno è emigrato in America, è nata negli Stati Uniti dove si è laureata e dove si è guadagnata il titolo di professore all’università di Austin, in Texas. Una delle ricercatrici più brillanti e più originali che, nel paradigma “carta stampata-sì carta stampata-no” si è guadagnata il ruolo di capofila degli ottimisti.
A condizione di governarlo, il futuro non sarà rivoluzionario come, a tutta prima, si potrebbe immaginare (o temere). Anzi, avrà la capacità di proporre elementi di continuità assai più marcati di quanto si possa supporre (o auspicare).
Ospite del festival internazionale di giornalismo, a Ferrara, la professoressa Iris Chyi ha affascinato per il garbo (frutto del suo dna orientale) e per la fondatezza di ragionamento (maturato negli atenei made in Usa).
“Il digitale è uno spuntino da Mc Donald. – esemplifica – È uno spuntino che appaga sul momento ma non soddisfa in tempi appena più lunghi. Il quotidiano, invece, è un pranzo al ristorante, dove stoviglie e posate sono poste con cura in un ambiente confortevole. E dove i cibi sono scelti secondo il gusto seguendo un menù sufficientemente ricco ed elaborato”.
Insomma: là si mangia mentre qui si pasteggia.
Fuori di metafora, il mondo di Internet propone notizie, il più delle volte riciclate, non di rado senza la necessaria verifica e troppo spesso più verosimili che vere al punto da disegnare un mondo soltanto probabile. Il giornalismo più tradizionale, invece – come lo slow food – è più lento ma, proprio per questo assicura una maggiore meditazione e una più appropriata analisi.
Iris Chyi, negli ultimi 15 anni, ha monitorato con puntualità il lavoro e i bilanci di 260 testate statunitensi. “La maggior parte di loro assicura era convinta di non tagliare il traguardo dell’anno 2012. Cose che, evidentemente, non è avvenuta anche se sono stati licenziati centinaia di giornalisti ed è stata ridotta la foliazione di un terzo. Tuttavia, adesso, sembra che il periodo peggiore sia passato e si può tornare a investire”.
Questo negli Stati Uniti perché in Italia il quadro propone ancora immagini sfuocate e colori torbidamente opachi.
I primi a sembrare intimiditi da tutti questi input virtuali sono proprio gli editori di carta stampata che, al contrario, dovrebbero essere i più risoluti sostenitori della carta.
Per un verso sempre secondo la professoressa Chyi accettano una commistione impropria con la rete che deve affiancare l’informazione e non sostituirla. Se un giornale anticipa on line il risultato delle sue inchieste, perché mai un lettore dovrebbe comprare il giornale? L’informazione gli è già stata data. E in Italia, per giunta, gratuitamente.
E poi occorre che il prodotto giornalistico della stampa sia qualitativamente apprezzabile. Occorre approfondire le tematiche, dimostrare una conoscenza dei problemi, assicurare il lettore che gli si sta offrendo il risultato di un lavoro accurato.
Del resto, se uno si siede in un bel ristorante e ordina un menù degustazione, occorre che il cuoco sia all’altezza della scelta del cliente. (giornalistitalia.it)
Lorenzo Del Boca