ROMA – Si è svolta questa mattina, al Palazzo del Quirinale, la tradizionale cerimonia di consegna del “Ventaglio” al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da parte del presidente dell’Associazione Stampa Parlamentare, Sergio Amici, alla presenza dei componenti del Consiglio direttivo, degli aderenti all’Associazione e di personalità del mondo del giornalismo.
Nel ricevere il Ventaglio, realizzato da Cristina Panarese, vincitrice del concorso indetto dall’Associazione Stampa Parlamentare di concerto con l’Accademia di Belle Arti di Roma, il capo dello Stato ha tenuto un discoro, che pubblichiamo integralmente. Nelle sue parole, Mattarella non ha dimenticato il mondo dell’informazione, sottolinenando “l’importanza della libera stampa” e “il suo ruolo di termometro della democrazia”.
L’intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Benvenuti, anzi, bentornati al Quirinale. Grazie Presidente Amici. Ancora una volta è emersa, dalle sue parole, l’importanza della libera stampa, la sua capacità di analisi e il suo ruolo di termometro della democrazia, nel nostro come in altri Paesi, dove viene invece limitata e nascono allarmi su possibili involuzioni autoritarie.
Talvolta, qua e là, sembra emergere un certo fascino per il potere forte. Si è anche coniato il termine di “democrazia illiberale”, con una singolare contraddizione in termini. La democrazia si identifica con la libertà, non si esaurisce nel pur fondamentale momento delle elezioni generali. Queste devono essere davvero pienamente libere, ma vanno integrate da altri elementi: la distribuzione delle funzioni del potere tra organi diversi, il loro equilibrio, i contrappesi e, tra questi, la libera stampa è uno dei principali.
In Italia di recente è stata riformata la normativa sull’Ordine dei giornalisti, consolidando l’autonomia della professione e riaffermandone il carattere di professione intellettuale. Adesso va attuata. È stata una scelta importante, in presenza della rivoluzione digitale che comporta un forte cambiamento nel panorama dell’informazione, sia sul piano della fruizione che su quello della sua produzione, ampliando a una quantità pressoché smisurata di soggetti sia la fruizione che la formazione delle notizie. Questo fenomeno apre – come voi sapete meglio di chiunque altro – tanti problemi e riflessioni. Non a caso è esploso il fenomeno delle fake-news, dei “fattoidi”, come li chiamava Norman Mailer, definendo questi come “le notizie inesistenti che divengono tali perché pubblicate da un giornale o da una rivista”.
Il dizionario di Oxford va anche un po’ al di là: definisce i “fattoidi” come “le notizie non verificate nella loro autenticità e veridicità”; non soltanto, dunque, quelle decisamente false ma anche quelle non verificate. Questo è ciò che distingue il giornalismo dal resto.
Sanno bene i giornalisti – e anche gli editori – che la loro professione si fonda sulla verifica dell’attendibilità e sulla ricerca della verità. Per questo ritengo importante questo appuntamento annuale, al di là dell’occasione che fornisce lo spunto: il trasferimento al Quirinale della simpatica tradizione del ventaglio avviata tanto tempo fa in sede parlamentare.
Ci incontriamo a distanza di un anno in una condizione politica differente da quella del luglio 2016, sia sulla scena internazionale che su quella interna. Di politica internazionale ho parlato due giorni fa alla Conferenza degli Ambasciatori e mi limito a sottolineare l’esigenza di riflessioni (e per quanto riguarda la politica, anche di atteggiamenti) che siano adeguati al momento storico impegnativo che stiamo attraversando sullo scenario intorno a noi. Vi è l’esigenza di adeguate riflessioni e comportamenti, che riguarda la politica, la cultura e anche la stampa.
Al nostro interno, siamo nella fase conclusiva della legislatura, manca un semestre alla scadenza naturale, le elezioni sono ormai vicine: sono un momento fondamentale della vita democratica cui guardare sempre con molta serenità. Quel che va auspicato – e che mi permetto di auspicare – è un impegno per un’ampia partecipazione degli elettori al voto. Le istituzioni sono più robuste, più capaci di affrontare esigenze, attese, bisogni della collettività se vi è alla base della loro formazione, una partecipazione ampia degli elettori che dimostrano di riconoscersi nelle istituzioni. Anche a questo scopo, ma non soltanto, auspico un confronto elettorale svolto su programmi e proposte seriamente approfondite.
Un confronto politico caratterizzato da rissosità, o che si esprimesse soltanto in slogan facili da elaborare ma illusori, allontanerebbe gli elettori dalla partecipazione e impoverirebbe il confronto politico. Occorre far di tutto perché la politica non si esaurisca nella propaganda.
Abbiamo una situazione economica in crescita: la Banca d’Italia e il Fondo monetario hanno alzato di molto le previsioni del nostro Prodotto Interno Lordo per quest’anno; le previsioni sono positive. È una circostanza importante. Vi si affianca la buona notizia di un sistema bancario posto finalmente in sicurezza.
Naturalmente ogni scelta può essere discussa, ed è bene che sia così, ma sono consapevole di quel che sarebbe avvenuto nella nostra economia se se fossero fallite la più antica banca del mondo e due banche sorte in una delle Regioni più produttive del nostro Paese, banche fortemente interconnesse al tessuto produttivo locale.
Tutto ciò chiama il sistema bancario a rendersi sempre più efficiente e a riprendere con vigore la disponibilità e la capacità di finanziare intraprese per contribuire al rilancio della nostra economia.
È necessario, in definitiva, accompagnare questa ripresa per consentirle di consolidarsi e per assicurare la possibilità di recuperare progressivamente le ferite sociali che la crisi degli anni passati ha inferto nel nostro Paese e per assicurare la possibilità di creare nuovi posti di lavoro. Accompagnare la ripresa è un’esigenza di grande, decisiva importanza per il nostro Paese, mettendolo al riparo da tensioni, incertezze e instabilità.
La manovra finanziaria d’autunno e la legge di stabilità costituiscono e costituiranno un passaggio fondamentale per trovare appieno la fiducia dei mercati e per confrontarsi con tranquillità con le decisioni che in altra sede saranno prese da altri Paesi, dalle autorità comunitarie, dalla Banca centrale europea.
Una condizione di ripresa economica, di crescita, di maggiore operatività del sistema bancario consente di guardare con serenità agli appuntamenti che abbiamo di fronte. Ma occorre che il Paese sia dotato di una manovra finanziaria, di una legge stabilità con piena efficienza ed efficacia, rendendosi conto dell’esigenza di garantire costantemente la reputazione finanziaria del nostro Paese, allo scopo di poter poi, con forza ed efficacia, recuperare ferite sociali e costruire posti di lavoro nuovi.
Nell’economia vi sono tanti settori con grande e crescente dinamismo. In questo periodo non si può non pensare al turismo che negli ultimi tre anni è cresciuto. Nel 2016 ci sono stati 57 milioni di arrivi internazionali, un numero quasi pari alla nostra popolazione. Secondo un centro di ricerca, il contributo che, con l’indotto, il turismo ha recato al Prodotto Interno Lordo del nostro Paese è di oltre il 10%: è un grande contributo alla nostra economia e alle nostre prospettive. E lo vediamo. Io un po’ meno perché posso muovermi con più difficoltà, ma voi, girando per le città, constatate quanti turisti vi siano in Italia, in ogni sua area e zona.
Questo boom, questa esplosione, è dovuta certamente al richiamo della bellezza del patrimonio artistico, ma anche a un altro elemento che è bene non sottovalutare: la percezione dell’Italia come Paese sicuro. Per questo vorrei ringraziare per quel che fanno le nostre Forze di polizia, i nostri servizi di informazione e sicurezza. Naturalmente sappiamo bene che il terrorismo è sempre in agguato e si fa di tutto per prevenire e contrastare questo pericolo sempre insidioso e presente. Ma si svolge, da parte dei nostri organismi, un’attenta opera di prevenzione e di controllo del territorio che merita di essere sottolineato con riconoscenza.
Dobbiamo essere consapevoli che vi è qualcosa che mette in pericolo il turismo, che per il nostro Paese è molto importante e che si affianca ovviamente ad altri primari attori e settori della nostra economia: gli incendi che in queste settimane stanno devastando tanta parte dell’Italia.
Vi sono nostri concittadini che appiccano il fuoco per ragioni forse diverse – interesse, strategie di ambienti criminali, macabro gioco, follia – ma mettono in pericolo la vita delle persone, distruggono ricchezza nazionale, bellezza, posti di lavoro, e mettono a rischio il turismo con quel che comporta.
Vorrei ringraziare i Vigili del fuoco, la Protezione civile, le Forze dell’ordine, i tanti volontari, le Forze armate che, con abnegazione e con tanti sacrifici, si impegnano nel fronteggiare in questa sterminata serie di incendi. Vi sono in Italia – va detto con soddisfazione – tante persone nei Corpi dello Stato e nella società che si impegnano, anche con personale sacrificio, anche molto oltre i propri doveri, per contrastare le emergenze, rifiutando l’atteggiamento di chi si limita a osservare e a criticare.
Presidente Amici, sono entrato nell’ambito dei fronti da cui nascono emergenze. Sono diversi, potremmo forse darne una classificazione a seconda della loro origine. Vi sono emergenze che nascono dall’esterno del nostro Paese: la crisi economica, nata negli Stati Uniti ed esplosa nel mondo finanziario internazionale; la sicurezza contro il pericolo del terrorismo fondamentalista di matrice islamista, nato soprattutto in Medio Oriente; il fenomeno migratorio che nasce da povertà, miseria, mutamenti climatici, guerre, persecuzioni e soprattutto da quelle gigantesche differenze demografiche tra Europa e Africa, tra l’Africa con l’età media estremamente giovanile e Unione europea in cui negli ultimi anni sono nati meno europei di quanti ne siano morti.
Sono tutte emergenze che provengono da fuori, dall’esterno, e quindi richiedono risposte nella dimensione internazionale, così come facciamo costantemente, contestualmente per tutte queste emergenze.
Vi sono poi emergenze che nascono all’interno del nostro Paese, dai comportamenti di alcuni nostri concittadini, dal senso civico, o meglio dalla mancanza di senso civico di alcuni di essi. Ho parlato degli incendi e faccio un solo altro esempio: i “femminicidi”, una piaga che costituisce un oltraggio sia alla dignità umana che alla convivenza. Una piaga inammissibile in un Paese moderno e civile come l’Italia.
Vi sono poi le emergenze provocate da calamità naturali: il terremoto, la siccità. In occasione dell’approssimarsi dell’anniversario del primo terremoto, nei prossimi giorni andrò nei paesi colpiti, e lo farò naturalmente anche nei paesi colpiti dai successivi terremoti dell’Italia centrale per riaffermare, ancora una volta, la volontà di sostegno e di accompagnare con attenzione tutte le opere di emergenza e di ricostruzione per quelle località.
L’altra emergenza è la siccità, la crisi idrica, che richiama all’esigenza di rispetto, di una cultura dell’ambiente più attenta, più consapevole e praticata. L’impegno di tutti è quello di far crescere e maturare una coscienza civile adeguata, anche perché – va detto – queste emergenze provocate da calamità naturali trovano una certa collaborazione, ogni tanto, anche nei comportamenti. Basti pensare a chi ride, immaginando di poter speculare sulla ricostruzione dei terremoti, o a chi sciupa quel bene prezioso che è l’acqua, o a chi, governando le reti, non è attento a evitare che una grande quantità di acqua si disperda nelle stesse reti.
Non si tratta di questioni semplici, sono emergenze complesse. Non esistono soluzioni immediate, ma esistono soluzioni da avviare immediatamente. Ma per questo è necessario confrontarsi con concretezza, in maniera costruttiva, ascoltarsi reciprocamente, trasmettendo ai cittadini fiducia e non ansia o allarme.
Ansia e allarme sono cose ben diverse dall’esigenza di un’attenta e rigorosa vigilanza su quel che viene fatto dagli organi dello Stato e dalle altre istituzioni.
Come Paese abbiamo le risorse per affrontare e superare queste emergenze, ed è un’affermazione che faccio con consapevolezza, avendo verificato, in tante occasioni, le energie positive che si impegnano in questa direzione.
Infine, per non deludere attese e sollecitazioni, rispondo sulla legge elettorale. Ho tante volte esortato in questa direzione, permettendomi di farlo ricordando il dovere del Parlamento rispetto alla centralità e alla grande delicatezza delle regole elettorali. Esprimo il rammarico per il dissolversi della prospettiva di un metodo di larghe intese parlamentari sulle regole che devono essere comuni. Rimangono tuttora nelle norme vigenti, frutto solo parziale delle scelte del Parlamento, disomogeneità e lacune. Vi è ancora la possibilità di intervenire. Non aggiungo altro, né potrei aggiungere altro, perché la parola è al Parlamento.
Grazie per il ventaglio, e complimenti all’autrice, Cristina Panarese. Il ventaglio, con lavoro, valore e dignità, evoca quella fiducia che mi sono permesso di sottolineare e che è giusto sottolineare nel nostro Paese perché ne ha diritto. (giornalistitalia.it)