PERUGIA – Non dirò che se sei donna è tutto più difficile, che se sei libera e siedi al tuo posto, fuori dai sistemi, è ancora più difficile, che la “pensione” è soltanto una consapevole illusione ma, affermo, che la “questione morale” dell’avvocatura meriterebbe molta attenzione specie da parte del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di ogni città e, di più, da parte dei consigli distrettuali di disciplina (CDD).
Ha troppe sigle questa italiana avvocatura, facile alla tentazione della discriminazione del diverso pensiero e del diverso talento, mentre si anela alla semplicità.
Domanda non troppo ovvia: chi controlla i controllori?
Ma si va avanti perché, vincere facile, non fa bene a certi avvocati: noi abbiamo una inesauribile voglia di combattere per i nostri diritti e per i diritti dei nostri Assistiti, dai nomi comuni. Ci appassionano le loro storie, ci commuovono le loro telefonate di saluto, i loro auguri di Natale, i loro abbracci e le loro lacrime che divertano nostre: il giorno in cui mi è arrivato tutto questo ho iniziato a fare davvero l’avvocato, un po’ di tempo dopo la acquisizione formale del titolo.
Ascoltarli e stare dentro ai loro problemi, perché prima di aver ottenuto il titolo di Avvocato, siamo uomini e siamo donne, sotto lo stesso Cielo, con le medesime ansie quando bussiamo alla porta, e la medesima soggezione quando ci accomodiamo sulle sedie.
Ed è per voi che non mollo.
È per tutti coloro che mi hanno riempito di coraggio, dopo il gravissimo recente lutto che mi ha colpita, riempendo il piazzale sotto casa mia, del chiaro messaggio: “adesso vogliamo aiutarla noi”.
È per voi che non mollo anche se, ogni giorno, assisto allo sfracello progressivo di ogni forma di umanità e di valori, e ad ogni livello mentre aumenta in modo direttamente proporzionale, la indifferenza dei tanti “non posso fare nulla”.
E invece no.
Si può e si deve sempre fare qualcosa.
È per voi che non mollo anche di fronte alle intimidazioni che ricevo e che non affido, volontariamente e convintamente, ad una querela ma alla gente, alla informazione, a ciò in cui, in fondo, ho sempre creduto più che in qualunque altra cosa: alla forza della cultura, alla informazione.
Informare per fare rivoluzione, quella più importante, quella culturale.
Informare perché la gente pulita, ingenua e fregata, quella per cui tutti gli avvocati dovrebbero combattere e dovrebbero sentire, ogni volta, il cuore spezzato, è quella che cambierà le cose e farà trasparenza, disintegrando ogni tipologia di mentalità corrotta, ogni tipologia di mafia perché la mafia non è solo calabrese, siciliana, pugliese, sarda, campana.
È per voi che continuo, combatto, insisto e me ne infischio delle parole e della gesta di chi non possiede nulla eccetto che la propria poltrona.
Ovunque essa sia. (giornalistitalia.it)
Cristiana Panebianco
Avvocato e giornalista