Caso Sopaf: la sentenza spazza via veleni e gratuite accuse su una persona perbene

Andrea Camporese assolto con formula piena

Andrea Camporese

Andrea Camporese

MILANO – Il Tribunale di Milano ha assolto con formula piena Andrea Camporese “perché il fatto non sussiste” da tutti i reati che gli venivano contestati (truffa aggravata e corruzione) nell’ambito del processo sul caso Sopaf. Dunque, come sempre ribadito dall’ex presidente dell’Inpgi e da tutti gli amici ed i colleghi che gli sono sempre stati vicini, la verità ha trionfato dimostrando che Camporese ha sempre curato gli interessi dell’ente previdenziale dei giornalisti e che l’investimento sulle quote del Fip, il Fondo immobili pubblici, “è stato il migliore investimento per l’ente dal punto di vista patrimoniale, facendo maturare un grande profitto”.
Il Pm della Procura di Milano, Gaetano Ruta, aveva chiesto per Camporese una condanna di 4 anni e mezzo, ma il giornalista è riuscito a dimostrare la sua completa innocenza rispetto ai reati che gli erano stati contestati, per cui il Tribunale presieduto da Flores Tanga lo ha assolto completamente. Assolti anche Aimone Beretta e William Zappaterra (su richiesta del Pm), Andrea Magnoni e Gianfranco Paparella. Condannati, invece, i fratelli Giorgio e Aldo Magnoni, rispettivamente ad 8 e 2 anni di reclusione (pena sospesa) per il crac Sopaf. Gianluca Selvi è stato condannato a 6 anni, Andrea Toschi a 5, Alberto Cialtroni a 4, Fabrizio Carracoi a 6 mesi. Per tutti è caduta l’accusa di associazione a delinquere, mentre nei confronti di alcuni di essi sono state disposte confische di beni per diversi milioni di euro. In particolare, Giorgio Magnoni è stato condannato condannato a pagare una provvisionale di 7 milioni di euro alla curatela fallimentare Sopaf. Disposte anche due provvisionali da 10 milioni di euro ciascuna a favore della Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei ragionieri e periti commerciali, il cui ex presidente Paolo Saltarelli aveva già subito una condanna in un altro filone d’inchiesta.
“Il dibattimento sarà l’occasione per evidenziare tutti gli elementi che dimostrano la mia totale estraneità rispetto alle fattispecie di reato contestate, come ho sempre dichiarato”, aveva dichiarato Andrea Camporese il 4 febbraio 2016 prendendo atto della decisione del Giudice dell’Udienza Preliminare di accogliere la richiesta del suo rinvio a giudizio nell’ambito della complessa inchiesta sulle attività finanziarie di Sopaf Spa.
Una posizione onesta, limpida e responsabile, quella di Camporese, massacrato da una campagna mediatica contro la quale, per lungo tempo, non ha avuto neppure la possibilità di difendersi non conoscendo le carte sulle quali era stata costruita l’accusa. Da qui “la profonda amarezza e lo sconcerto – queste le parole di Camporese – per essere stato oggetto per oltre un anno e mezzo di indiscrezioni di stampa, notizie spesso rivelatesi false o inesatte, strumentalizzazioni di parte ed elettorali senza che potessi in alcun modo difendermi, non conoscendo gli atti in questione che ho normalmente ottenuto all’atto della chiusura delle indagini”.
Concetti ribaditi alla vigilia delle elezioni Inpgi dello scorso anno: “Se ho l’obbligo di chiarire nelle sedi competenti ogni informazione ed elemento in mio possesso di una inchiesta che consta di decine di migliaia di pagine, la quasi totalità delle quali riguardanti tematiche di cui non ho alcuna contezza, ho anche il dovere di allertare gli iscritti all’Ente, chiamati alla consultazione elettorale che non mi coinvolge, rispetto a strumentalizzazioni che ritengo ingiuste, pericolose e irresponsabili”.
Sono state proprio le centinaia di milioni di euro di rendimenti realizzati in otto anni, tramite le procedure di investimento del patrimonio dell’Ente, sottoposte ad innumerevoli controlli interni e pubblici, a permettere – ha sempre chiaramente spiegato l’ex presidente dell’Inpgi – una tenuta delle prestazioni in un momento di drammatica difficoltà del giornalismo e dell’editoria italiana. Solo nel 2015, 6384 giornalisti hanno usufruito di ammortizzatori sociali, pagati dall’Inpgi e in alcuni casi molto più tutelanti del sistema pubblico, a fronte di meno di 16 mila contribuenti attivi”.
“Gruppi o singoli hanno superato clamorosamente il legittimo e prezioso diritto di critica sconfinando nel terreno della diffamazione e della calunnia dirette in particolare, ma non solo, alla mia persona”, aveva denunciato nell’occasione Camporese auspicando che “questi signori non ricoprano alcun ruolo di responsabilità nel futuro, per il bene di tutti ed in primis delle tante famiglie che hanno drammaticamente sofferto della crisi” e difedendo, come sempre ha fatto, “una istituzione che ha oltre cento anni di vita non può essere sostituita da una indistinta e pericolosa strategia da social network”.
Oggi che il Tribunale di Milano ha reso finalmente giustizia ad Andrea Camporese, gli amici che gli sono stati sempre vicini esultano per il pieno riconoscimento tributato al professionista onesto, competente, leale e corretto, che ha saputo amministrare al meglio l’Inpgi e l’Adepp, ma soprattutto all’uomo che in silenzio e – purtroppo come spesso accade in questi casi – in solitudine ha trovato, soprattutto nella sua famiglia, la forza per andare avanti. Altri, invece, da oggi avranno mille e più motivi per vergognarsi e, soprattutto, per chiedersi se quanto hanno insinuato, detto e scritto sia compatibile con la professione giornalistica. E non solo. (giornalistitalia.it)

La Fnsi: “Smentita la macchina del fango”

ROMA – “L’assoluzione di Andrea Camporese rappresenta la logica conclusione di una vicenda che in tanti, nella categoria, hanno creduto di poter strumentalizzare al solo fine di screditare l’Inpgi e gli altri enti dei giornalisti”.
Il segretario generale della Fnsi, Raffaele Lorusso, e il presidente Giuseppe Giulietti, commentano così la sentenza rivolgendo, a nome della Fnsi, “un pensiero affettuoso e un abbraccio a Camporese, che ha guidato l’Inpgi per otto anni con rigore, competenza e onestà, subendo in silenzio calunnie, attacchi e insulti”.
“Ci chiediamo – concludono – se gli orchestratori della macchina del fango avranno adesso il coraggio di chiedere scusa. Quel che è certo è che i teoremi e le quotidiane congetture di chi si erge a censore della categoria, in evidente malafede e per finalità che nulla hanno a che vedere con la salvaguardia dell’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani, hanno trovato oggi una sonora smentita e subito una battuta d’arresto da parte della giustizia italiana, alla quale Andrea Camporese non si è mai sottratto”. (giornalistitalia.it)

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