ROMA – L’Ordine nazionale dei Giornalisti esprime preoccupazione per quanto è successo al collega Augusto Mattioli durante la terza udienza del processo a carico della vedova di David Rossi, Antonella Tognazzi, e del giornalista del Fatto Quotidiano Davide Vecchi, accusati di aver divulgato materiale riservato.
Mattioli, sentito come testimone, si è riservato di non rispondere a una domanda del pubblico ministero, appellandosi al segreto professionale. Il giudice ha sospeso l’udienza e dopo essere tornato in aula ha verbalizzato che il giornalista, essendo pubblicista, non può avvalersi di questa tutela obbligando il collega a rivelare la fonte.
Il tutto è avvenuto cinque giorni dopo l’ennesima sentenza emessa da altri giudici italiani a Caltanissetta, quella che ha assolto i due giornalisti di Enna Josè Trovato e Giulia Martorana, entrambi pubblicisti all’epoca dei fatti.
Nelle motivazioni la Corte di Appello nissena afferma che per l’Ordinamento della professione giornalistica non esistono “differenze di ordine qualitativo fra le prestazioni rese da un giornalista professionista e quelle rese da un giornalista pubblicista”, ma solo quantitative, che “non possono essere ritenute ostative ad una interpretazione estensiva della norma” sul segreto professionale. Legittimo quindi il rifiuto, anche da parte dei pubblicisti, di rivelare le loro fonti.
Quanto è accaduto a Siena lede quindi il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente e impone al Parlamento di dirimere in via legislativa questa annosa questione che periodicamente determina situazioni che provocano sconcerto. (giornalistitalia.it)
Augusto Mattioli costretto a rivelare la fonte. L’Odg: “Intervenga il Parlamento”