PALERMO – “Io non mi indigno per il fatto che il giornalista intervisti il figlio di Totò Riina; mi arrabbio perché lo avrebbe dovuto intervistare ricordando ai telespettatori che colui che stava intervistando era stato, a sua volta, definitivamente condannato per mafia. E quando descriveva il contesto in cui il padre aveva accolto la notizia della strage di Capaci, il giornalista, se fosse stato veramente completo e incisivo, avrebbe ricordato, e sono un atto pubblico, le intercettazioni in cui Salvo Riina, passando da Capaci esaltava le gesta del padre”.
Lo ha detto il Pm Nino Di Matteo, rispondendo alle domande rivoltegli dall’emittente palermitana Trm, in merito all’intervista di Bruno Vespa a Salvo Riina, figlio del padrino di Cosa nostra, ospite nell’aprile 2016 della trasmissione di Raiuno “Porta a Porta”.
Per il magistrato, il conduttore “avrebbe dovuto ricordare anche le intercettazioni ambientali dei colloqui in carcere con il suo co-detenuto, nelle quali Riina padre godeva di come avesse fatto saltare in aria Giovanni Falcone, gli agenti della scorta, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici e tanti altri. Il giornalista non ha avuto il coraggio di fare il suo dovere in questo caso, anche nel fare capire chi i telespettatori avessero di fronte”. (agi)