Dopo oltre 50 anni cancellato il concorso ideato dalla Gazzetta dello Sport

Giro d’Italia, addio pronostici dei giornalisti

Marco Pastonesi

Marco Pastonesi

Pane e GazzettaPrimo secondo terzo quarto e quinto: i primi cinque della tappa. Per ventuno tappe. Un premio per chi raggiungeva il punteggio più alto. E un premio più consistente per chi, alla fine del Giro d’Italia, aveva ottenuto più punti.
Era il concorso pronostici riservato ai giornalisti. Era. Perché quest’anno non c’è. E forse – ci vogliono anni per radicare una tradizione, attimi per cancellarla – da quest’anno non ci sarà più.
Il concorso risale ai primi Anni 60. Forse aveva esordito addirittura già alla fine dei 50. Ci sono stati Giri d’Italia in cui i concorsi erano addirittura due: a tempo e a punteggio. Gli organizzatori del Giro, e anche del concorso, avevano trovato sponsor munifici: orologi, vacanze, bottiglie. Ma non era il premio, pur cercato, desiderato e rincorso, a spingere giornalisti, anche fotografi e poi tutti gli operatori dell’informazione, a ipotizzare o a ragionare ordini e classifiche. Era l’orgoglio di poter dichiarare, cifre alla mano, di intendersene più di tutti, o dei colleghi di giornali e riviste rivali, o dei colleghi del proprio giornale e della propria rivista. Facendo, di ogni corsa, un derby, se non addirittura una questione di competenza o approssimazione, di profondità o superficialità, di dilettantismo o professionismo, di vita o morte.
Le regole: compilare un foglietto prestampato, piegarlo, inserirlo nell’urna di legno posta sul palco delle firme alla partenza, attendere il foglio con i risultati alla fine della tappa in sala-stampa, quindi gioire o struggersi.
Il concorso pronostici era vissuto – sempre – con una certa ansia. Chi lo temeva di più, lo snobbava. Chi non voleva fare brutta figura, lo affidava al proprio autista, così, in caso di sconfitta, la colpa era dell’autista, e in caso di vittoria, il merito era del giornalista perché del giornalista era il nome che figurava in classifica. C’è chi si dedicava alle vittorie di tappa, sparando improbabili arrivi, e chi puntava alla classifica generale, muovendosi da buon padre di famiglia. C’è chi non rivelava mai le proprie scelte, chi ricorreva a qualche scaramanzia, chi si presentava alla partenza solo per scrutare le facce dei corridori o interrogarli sulle strategie di giornata. E una volta, per dirla tutta, la classifica veniva pubblicata nella pagina riservata alle statistiche, sulla “Gazzetta dello Sport”. C’è chi ha inserito (o fatto inserire) la vittoria nel concorso pronostici nella propria scheda su Wikipedia, come Gianni Cerqueti, primo nel 1998.
L’albo d’oro ricorda le quattro vittorie di Rino Negri, le tre di Paolo Viberti, le due di Beppe Conti. Hanno vinto tanti, da Pier Bergonzi a Paolo Tomaselli, da Claudio Gregori a Eugenio Capodacqua e Stefano Sirotti, ha vinto perfino Paolo Condò, che pure dovrebbe saperne molto più di Barcellona che non di Bardiani-Csf, più di Mourinho che non di Luca Scinto.
Ma il colpo mortale al concorso pronostici – temo – dev’essere stata la vittoria conquistata dal sottoscritto. Accadde qualche anno fa. Con tanto di bacio finale, sul podio di Corso Venezia, a Milano, di due seducenti miss. (La Gazzetta dello Sport)

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