Andrea Riffeser Monti dà il benservito al direttore QS per l’infelice titolo sulle azzurre

Le “cicciottelle” costano il posto a Tassi: licenziato

Cicciottelle

Giuseppe Tassi

Giuseppe Tassi

BOLOGNA – L’infelice titolo sulle atlete della Nazionale italiana di tiro con l’arco alle Olimpiadi di Rio de Janeiro è costato il posto al direttore del Quotidiano Sportivo del Gruppo Riffeser che realizza le pagine di sport de Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno. L’editore Andrea Riffeser Monti, nel porgere le scuse alle atlete olimpiche ed ai lettori del Qs, “per il titolo comparso sulle proprie testate relativo alla bellissima finale per il bronzo persa, domenica scorsa, con Taipei”, infatti, “a seguito di tale episodio ha deciso di sollevare dall’incarico, con effetto immediato, il direttore del QS Giuseppe Tassi”. Il titolo, “Il trio delle cicciottelle sfiora il miracolo olimpico”, all’indomani della conquista del quarto posto ad opera di Lucilla Boari, Claudia Mandia e Guendalina Sartori, ha infatti scatenato la sacrosanta indignazione non solo degli appassionati di sport, ma di tutta l’opinione pubblica, incredula nel leggere un titolo assolutamente inopportuno. Dopo l’incidente, il direttore Giuseppe Tassi ha tentato di metterci una pezza, prima con una ribattuta titolata “Le azzurre si fermano sul più bello”, poi con una pubblica ammenda: “Mi scuso, quel titolo ha urtato la sensibilità di alcuni nostri lettori ma l’intento di partenza non era né derisorio né discriminante”.
Ma il buco era, ormai, diventato una voragine e l’editore Riffeser ha assunto la più drastica delle decisioni: il licenziamento in tronco. Non poco peso ha avuto la lettera rivolta dal presidente della Fitarco, Mario Scarzella, al direttore Giuseppe Tassi: “Caro Direttore, questa mattina da Rio de Janeiro siamo rimasti basiti nel leggere su Il Resto del Carlino il titolo che recitava «Il trio delle ciocciottelle…” – a nostro avviso a dir poco irriguardoso – rivolto alle nostre atlete Guendalina Sartori, Lucilla Boari e Claudia Mandia. Se Il Resto del Carlino fosse una rivista scandalistica non avremmo nulla da dire, ma focalizzare l’attenzione sull’aspetto fisico di queste ragazze su un quotidiano, che scandalistico non dovrebbe essere considerata la sua lunga e prestigiosa storia, è stato davvero di cattivo gusto. Ci chiediamo in effetti se si possa definire giornalismo serio un titolo come questo, soprattutto in un giorno difficilissimo per delle giovani ragazze all’esordio Olimpico, che hanno lavorato per quattro anni nel silenzio dei media per vivere una delle delusioni più cocenti della loro vita, sia personale che sportiva.
Tiro con l’arco Rio Una sconfitta – che tale non è, perché il 4° posto a squadre nel femminile resta il miglior risultato del tiro con l’arco italiano nella storia dei Giochi Olimpici – che purtroppo le segnerà per tutta la vita, ben sapendo che non c’è nessuna certezza per loro di poter godere di una seconda opportunità per riscattarsi. Eppure Guendalina, Lucilla e Claudia, nella quasi totale indifferenza dei media italiani – e tra questi c’è anche il Suo quotidiano che non ci sembra abbia mai approfondito la conoscenza del tiro con l’arco e del ruolo che l’Italia ricopre in seno al panorama internazionale – si sono guadagnate con la forza del lavoro giornaliero l’opportunità di scrivere il loro nome nella storia dello sport italiano. Per poterlo fare hanno fatto dei sacrifici che probabilmente nemmeno immagina, rinunciando a gran parte delle cose che le loro coetanee considerano normalità. Per 4 anni hanno lavorato sodo per tenere alto l’onore italiano in occasione dei Giochi Olimpici. Quella di ieri è stata per l’Italia femminile una vera impresa e ridurre il tutto con un titolo che le definisce delle semplici «cicciottelle» lo consideriamo davvero di cattivo gusto. Dopo le lacrime che queste ragazze hanno versato per tutta la notte, questa mattina, invece di trovare il sostegno della stampa italiana per un’impresa sfiorata, hanno dovuto subire anche questa umiliazione. Gli arcieri italiani sono in rivolta e noi ci sentiamo di giustificare la loro rabbia. A nostro avviso sarebbe giusto ripensare a quel titolo e, forse, rivolgere delle scuse alle nostre ragazze”.
Naturale epilogo di un mestiere, quello del giornalista, che impone la massima attenzione nell’uso del linguaggio per non urtare la sensibilità di alcuno. Nel caso in questione, poi, Tassi è indifendibile. Fosse stato “ciccione”, forse gli sarebbe stata concessa un’attenuante generica. (giornalistitalia.it)

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