PARIGI (Francia) – Il quotidiano francese Le Monde e BMFTV hanno deciso di non pubblicare più le foto degli autori degli attentati che colpiscono la Francia. Dietro alla decisione a sorpresa, che segue comunque quella di non dare più spazio ai messaggi di propaganda dello Stato Islamico, c’è una domanda semplice: «E se la mediatizzazione della loro immagine stesse contribuendo ad influenzare nuovi candidati alla jihad e indurli a passare all’azione?».
«In seguito agli attentati di Nizza – scrive in un editoriale (http://www.lemonde.fr/idees/article/2016/07/27/resister-a-la-strategie-de-la-haine_4975150_3232.html) il direttore di Le Monde, Jérôme Fenoglio – non pubblicheremo più le foto degli autori degli attentati per evitare eventuali effetti di glorificazione postuma».
«La battaglia contro l’odio – spiega Fenoglio – non può essere considerata solo come una questione delle forze armate, dei servizi segreti o della politica. Questa riguarda tutte le componenti della società e in primo luogo chi costituisce il nostro panorama mediatico».
Lo stesso ha deciso di fare BFMTV, l’emittente all-news che, dopo gli errori commessi durante gli attentati del gennaio 2015 (tra l’altro, durante l’assalto all’Hypercacher, la televisione rivelò in diretta che alcuni ostaggi erano nascosti nella stanza frigorifera mettendo gravemente a rischio la loro vita), è molto maturata. Dopo l’assalto a Saint-Etienne-du-Rouvray e il barbaro assassinio di padre Jacques Hamel, l’emittente ha fatto sapere che non pubblicherà più le foto dei terroristi.
«Di fronte all’accumularsi di attentati in Francia – annuncia Alexis Delahousse, vicedirettore di BFMTV – non vogliamo creare un album fotografico dei terroristi». Unica eccezione «saranno gli avvisi di ricerca diramati dalle forze dell’ordine e che possono aiutare gli inquirenti».
Dopo il massacro di Nizza, il 14 luglio, on line è stata lanciata una petizione per chiedere all’autorità per l’audiovisivo di controllare la diffusione di queste immagini. Il testo ha già raccolto 70.000 firme.
Il direttore Fenoglio: “La battaglia contro l’odio è anche una questione mediatica”