MILANO – Sono passati 5 mesi da quando é entrata in vigore la normativa sui “cookies”, e ben il 74% degli utenti che visualizza i famigerati banner quando aprono un sito web affermano di essere ormai abituati a conviverci con rassegnazione, e di chiuderli senza neanche leggerli, pensando che in realtà non hanno alcuna garanzia sulla tutela della loro privacy e su come saranno utilizzati i loro dati personali.
È quanto emerge dalla ricerca condotta da Federprivacy, che evidenzia anche una diffusa mancanza di consapevolezza sullo scopo degli avvisi sui cookies che compaiono quando si visita un sito. Il 35% non sa infatti di cosa si tratta effettivamente, e il 25% ha capito genericamente che si tratta di una legge per tutelare la privacy online.
Se da una parte il 77% riconosce che tali avvisi sono abbastanza evidenti sul monitor da non sfuggire all’attenzione del visitatore, il 69% si lamenta però che sono scritti spesso in maniera poco chiara e non pienamente comprensibile, mentre quasi il 60% mostra una certa rassegnazione pensando che in ogni caso, ben poco potranno fare per acconsentire o meno a certi trattamenti sulla profilazione dei loro gusti e delle loro abitudini personali ricavabili dalla loro navigazione in internet.
Ma il dato che ha più impatto sullo sviluppo del mercato digitale, é che nel 60% dei casi, l’utente non interpreta tale avviso sui cookies come una forma di correttezza e trasparenza da parte del sito web visitato, ma al contrario risulta insospettito e con fiducia ridotta a zero, lasciando pensare che ogni click potrebbe essere monitorato ed utilizzato per proporgli fastidiosa pubblicità, o usato per scopi a lui oscuri.
“L’utente deve sentirsi a suo agio quando visita un sito e poter nutrire fiducia verso questo, percependo che i suoi dati personali sono in buone mani e che saranno trattati in modo trasparente e senza successive sorprese – ha spiegato il presidente di Federprivacy, Nicola Bernardi, a margine del Festival ICT – L’obbligo introdotto dal Garante aveva lo scopo di mettere i paletti sulla parte normativa dei cookies, ma le aziende che intendono seriamente avvalersi appieno delle potenzialità del mercato digitale dovranno guadagnarsi la fiducia del consumatore online, adottando strumenti sussidiari come certificazioni o marchi di qualità che possano in concreto dare certe garanzie sui trattamenti delle informazioni personali dell’utente”.
Che la privacy nell’era dei Big Data non fosse più solamente una questione giuridica, è stato un argomento al centro del dibattito all’ultimo Privacy Day Forum, ma adesso lo studio condotto da Federprivacy conferma che le aziende che operano nello spazio digitale sono effettivamente chiamate ad occuparsi non solo degli aspetti legali della normativa, ma anche delle questioni che hanno un impatto sociale e psicologico nei confronti dell’utente finale, dalle cui reazioni dipenderà se l’economia digitale spiccherà davvero il volo oppure no. (Federprivacy)
Lo dice una ricerca di Federprivacy: solo il 25% ha capito che si tratta di una tutela