ROMA – Quando il giornalismo ti getta la verità in faccia con metodi anche discutibili, si chiudono gli occhi sulla sostanza dei fatti, si grida allo scandalo, si spara a zero contro gli autori della beffa, beffa telefonica come nel caso della Zanzara, che si è spacciata per il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con lo scopo riuscito di far parlare mons. Paglia sul Papa infuriato contro il sindaco di Roma, Ignazio Marino.
Se la Zanzara ha fatto ricorso a metodi scorretti, a raggiro, saranno i tribunali, l’autorità per la privacy, i consigli di disciplina (gli ordini dei giornalisti in agonia sono stati esautorati dalla deontologia), la stessa opinione pubblica, l’uomo della strada, a pronunciare verdetti. Ma è discutibile, opinabile, contestabile anche il parere del direttore della Sala Stampa vaticana, mons. Federico Lombardi, per il quale non sarebbe corretto diffondere le notizie raccolte in quel modo.
Senza quella beffa telefonica a mons. Paglia non si sarebbe conosciuto il vero pensiero del Papa sul Sindaco imbucato nelle sue cerimonie in Usa. I fatti sono i fatti, la verità è la verità, e non possono essere nascosti o sottaciuti una volta venuti alla luce.
“Striscia la notizia” e le “Iene” non sempre rigano dritto, ma rendono comunque un importante servizio di denuncia e di pubblica conoscenza andando a caccia di notizie costi quello che costi. La Zanzara non è diversa quando punge senza stare a guardare se il sangue della vittima è blu o soltanto rosso.
Si potrebbero esprimere riserve sotto il profilo etico, certamente non sotto quello politico quando i servizi giornalistici o paragiornalistici sul filo delle regole della lealtà servono a scoprire gli altarini. Ma quante volte i giornalisti hanno rischiato la pelle viaggiando nelle carrette del mare sotto le false spoglie di rifugiato o infiltrandosi nelle periferie del dolore. Sono stati scorretti?
Risulta che il tribunale civile di Milano abbia condannato una sola volta la Zanzara (vittima Vendola) per aver estorto confidenze sotto falso nome. Tanti altri sorpresi in fallo si sono ben guardati dal ricorrere alle vie legali.
Peraltro, censure e reticenze sono una caratteristica dei nostri tempi con le tecnologie che favoriscono massicce dosi di veline e notizie precotte ripiene di fasullaggini. Tanto è vero che un collega pubblicista, come il sindaco Marino, si è inalberato con il Papa e il giornalisti perché l’intervista avrebbe dilagato oltre il seminato della missione di Francesco in Usa.
Romano Bartoloni