SYDNEY (Australia) – Il giornalista australiano Peter Greste ha tenuto, a Sydney, una conferenza stampa per commentare la sentenza con la quale il Tribunale del Cairo lo ha condannato, assieme ai suoi colleghi di Al Jazeera, Mohamed Fahmy e Mohamed Baher, a tre anni di reclusione per “collusione con i Fratelli Musulmani”, diffusione di “notizie false” e per aver lavorato senza licenza. Baher è stato condannato anche ad altri sei mesi di reclusione e ad una multa.
Condannato in contumacia, Greste ha rivolto il suo pensiero a Mohamed Fahmy, sposato da poco, e Baher Mohamed, che ha tre figli piccoli. Greste ha definito la condanna “un’ingiustizia”, ringraziato il ministro degli Esteri, Julie Bishop, per il sostegno del governo australiano ed esortato la comunità internazionale ad aumentare la pressione sul governo egiziano.
“Abbiamo bisogno – ha detto il giornalista – del sostegno dei governi di tutto il mondo”. Peter Greste ha, quindi, rivolto un appello al presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi invitandolo “a correggere un’ingiustizia che l’Egitto ha compiuto sotto gli occhi del mondo”. Invocando “un giusto processo per la libertà di stampa in Egitto”, il giornalista ha ricordato che i colleghi hanno trascorso 400 giorni in carcere.
Intanto, l’avvocato di Mohamed Fahmy, Amal Clooney, ha detto che il verdetto del tribunale egiziano i giudici non lo hanno emesso basandosi su prove, pertanto si sono fatti “strumento di repressione politica e di propaganda”.
Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, si è detto “profondamente rammaricato” della sentenza richiamando l’Egitto a proteggere la libertà di espressione e di associazione e garantire il giusto processo. “Ancora una volta – ha detto Ban Ki-Moon – l’Egitto è chiamato, insomma, a garantire il pluralismo e il rispetto delle libertà fondamentali per la prosperità a lungo termine e la stabilità del Paese”.
Da Sydney appello-denuncia del giornalista di Al Jazeera al presidente egiziano