MILANO – Il giudice del Tribunale di Milano, Martina Flamini, ha condannato un professionista comasco a risarcire 2.500 euro al quotidiano contro cui aveva presentato una causa civile per diffamazione. Il giudice ha, infatti, riconosciuto il professionista responsabile di “lite temeraria” per aver “agito in giudizio con evidente colpa grave”.
La vicenda si riferisce a un articolo pubblicato due anni fa sul quotidiano La Provincia di Como, che dava conto di una doppia condanna – penale e civile – subita dal professionista nell’ambito di un procedimento che lo vedeva accusato di truffa. Il legale del professionista, dopo la pubblicazione della notizia, aveva dapprima inviato una lettera di diffida alla testata, quindi aveva formalizzato una causa civile.
Il giudice di Milano che ha trattato il caso ha categoricamente escluso che l’articolo fosse diffamante. Nella sua sentenza il magistrato ha scritto che la libertà “di diffondere notizie e commenti” è riconosciuta “anche a livello sovranazionale dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo che, all’art. 10, la consacra come uno tra i più importanti diritti dell’individuo” e che “secondo la Corte Europea dei Diritti dell’uomo detta libertà di diffusione del pensiero non riguarda solo le informazioni o opinioni neutre o inoffensive, ma anche tutte quelle che possano colpire negativamente «essendo ciò richiesto dal pluralismo, dalla tolleranza e dallo spirito di apertura senza i quali non si ha una società democratica»”.
Accertato che l’articolo contestato aveva rispettato le regole di pertinenza, continenza e verità (come previsto dalle sentenze della Corte di Cassazione), il giudice ha anche sottolineato come “La Provincia aveva assunto informazioni frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca” e che le omissioni contestate dal professionista nella ricostruzione fatta dal quotidiano erano “di scarso rilievo e prive di valore informativo”.
Da qui non solo il rigetto della causa intentata contro la testata comasca, ma anche l’accoglimento della domanda di “lite temeraria”, motivato con “la totale soccombenza dell’attore, l’inesistenza del diritto vantato, l’allungamento del tempo generale nella trattazione dei processi (causato dalla proposizione di una causa solo strumentale), il danno provocato” al quotidiano. Il querelante è stato anche condannato a rimborsare a “La Provincia” tutte le spese legali sostenute per difendersi dalle ingiuste accuse rivolte nella causa.
Paolo Moretti
Cdr La Provincia di Como