MOSUL (Iraq) – Il giornalista iracheno Jala al Abadi, 27 anni, è stato fucilato con l’accusa di spionaggio da un plotone di esecuzione del gruppo terroristico Takfiri dello Stato Islamico. L’esecuzione è avvenuta nella città di Mosul, roccaforte del movimento nella provincia di Ninive nell’Iraq settentrionale.
Nato nel 1988 a Mosul, al Abadi aveva due figli e, dopo gli studi, circa dieci anni fa, aveva trovato lavoro come cameraman in una televisione locale. Mansione, questa, alla quale aveva associato quella di giornalista realizzando importanti servizi per emittenti televisive nazionali e straniere.
A Mosul vi era rimasto fino al 10 giugno del 2014, da quando cioè la città è finita in mano allo Stato Islamico. Tornato, quest’anno, Jala al Abadi è stato rapito all’interno della sua abitazione mentre pianificava una nuova fuga dalla città per consegnare alla stampa mondiale nuove informazioni sull’Isis. Il rapimento è avvenuto il 4 giugno scorso e per 41 giorni il giornalista è stato tenuto prigioniero in attesa dell’esecuzione avvenuta mercoledì scorso, 15 luglio, anche se la notizia è stata confermata soltanto ieri.
Mohammed al-Bayati, il capo della Ninive Media Network, ha condannato l’esecuzione di Abadi invitando le Nazioni Unite a sostenere le famiglie delle vittime di tutti i giornalisti assassinati dal gruppo Takfiri.
Nell’ottobre 2014 lo Stato Islamico ha pubblicato le linee guida per i giornalisti obbligandoli a dichiarare fedeltà al gruppo terroristico che, sin dall’insediamento, sta conducendo la sua campagna di terrore in Iraq compiendo orribili atti di violenza, a partire dalle decapitazioni pubbliche, contro tutte le comunità irachene, come sciiti, sunniti, curdi e cristiani. (giornalistitalia.it)
Accusato di spionaggio era stato rapito a Mosul 41 giorni prima. Aveva 27 anni