All’editore-direttore de “La Sicilia” bloccati i conti per 17 milioni (12 in Svizzera)

Mafia: Mario Ciancio a giudizio, Odg parte civile

Mario Ciancio Sanfilippo

Mario Ciancio Sanfilippo

CATANIA – Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia ha presentato al Gup del Tribunale di Catania la richiesta di costituzione di parte civile nel procedimento che vede imputato di concorso in associazione mafiosa il direttore-editore del quotidiano La Sicilia, Mario Ciancio Sanfilippo, 83 anni, principale azionista de La Gazzetta del Mezzogiorno di Bari.
“Tale scelta, operata nell’assoluto rispetto del principio della presunzione di non colpevolezza, mira – spiega l’Odg di Sicilia – a tutelare la categoria dei giornalisti siciliani, il decoro e il prestigio dell’Ordine e la dignità personale e professionale dei dipendenti della Sicilia e del gruppo editoriale guidato da Ciancio, fortemente lesi dalle gravissime imputazioni addebitate al loro direttore-editore. Questo perché i direttori dei quotidiani hanno un fondamentale ruolo di garanzia e di cerniera tra l’Ordine e gli iscritti, nell’ottica e con l’obiettivo del rispetto delle norme di legge, deontologiche, disciplinari e contrattuali”.
L’Ordine dei giornalisti di Sicilia affermando di essere “da sempre impegnato nella lotta contro la mafia, anche nel ricordo degli otto colleghi assassinati da Cosa nostra”, augura “al collega Ciancio di poter dimostrare di non essersi messo a disposizione dell’associazione criminale o di singoli suoi rappresentanti, mediando con esponenti della politica e della pubblica amministrazione. Ma fino a quando la contestazione sarà questa, noi non potremo che stare dalla parte processuale opposta alla sua, a tutela anche dei giornalisti suoi dipendenti, estranei alle contestazioni dei magistrati e capaci di fare sempre il proprio dovere”.
Ieri, infatti, è stata incentrata soltanto sulle tre domande di costituzione di parte civile l’udienza preliminare per la richiesta di rinvio a giudizio, per concorso esterno all’associazione mafiosa, nei confronti del giornalista Mario Ciancio Sanfilippo. A presentarle, oltre all’Ordine dei giornalisti di Sicilia, sono stati i familiari del commissario della polizia di Stato Beppe Montana e Sos Impresa, associazione antiracket di Confesercenti. I legali dell’editore non si opposti e la Procura ha dato parere favorevole. Il Gup di Catania, Gaetana Bernabò Distefano, ha aggiornato l’udienza al 14 ottobre per deliberare sulle richieste.
L’Ordine dei giornalisti siciliani, ha spiegato l’avvocato Dario Pastore, ha agito per “tutelare la propria immagine e difendere l’integrità del lavoro dei colleghi e l’autonomia e l’indipendenza dell’informazione”.
Dario e Girlando Montana, fratelli del commissario Beppe ucciso dalla mafia a Palermo, ha detto l’avvocato Goffredo D’Antona, contestano la mancata pubblicazione di un necrologio sul quotidiano La Sicilia, nel trigesimo della morte del poliziotto, che sarebbe stato rifiutato perché conteneva l’affermazione “con rinnovato disprezzo alla mafia e ai suoi anonimi sostenitori”. Sos impresa di Confesercenti, con l’avvocato Fausto Maria Amato, ha ritenuto, se confermate le tesi dell’accusa “colpita la libertà di iniziativa economica”.
I legali dell’editore, gli avvocati Carmelo Peluso e Francesco Colotti, quest’ultimo in rappresentanza di Giulia Bongiorno, hanno sottolineato che “è giusto che le valutazioni le faccia il giudice: noi saremo felici di dimostrare anche alle eventuali parti civili, e in generale a tutti, l’estraneità alle accuse del dottor Ciancio”.
“Ben prima che la magistratura si attivasse Mario Ciancio Sanfilippo aveva chiesto di movimentare dei soldi dalla Svizzera in Italia, altro che in presunti «paradisi fiscali» come sostiene l’accusa, per pagare le tasse e anche gli stipendi ai dipendenti”. Lo ha affermato uno dei legali dell’editore, l’avvocato Carmelo Peluso, sul sequestro preventivo di 12 milioni di euro di titoli eseguito due giorni fa in Svizzera da carabinieri del Ros, su richiesta della Procura di Catania. Altri 5 milioni sono stati sequestrati in una banca nel capoluogo etneo.
Il penalista, a conclusione dell’udienza davanti al Gup, ha annunciato che presenterà una richiesta di annullamento del provvedimento allo stessa sezione del Tribunale di prevenzione che lo ha emesso. “Hanno ritenuto esistesse una disparità tra reddito dichiarato e quello esistente – ha osservato l’avvocato Peluso, che assiste Ciancio assieme a Giulia Bongiorno – ma un imprenditore ha un patrimonio diverso da quello che quello presenta nella dichiarazione dei redditi personali. Abbiamo i documenti che dimostrano tutto questo e li depositeremo”. (Ansa)

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