“Censurata dal sito Fnsi. Lorusso ammetta di aver diffuso informazioni sbagliate”

Stigliano: “Confermo tutto. La mia fonte? L’Inpgi”

Daniela Stigliano

Daniela Stigliano

MILANO – Confermo tutto. Perché la mia fonte principale è l’Inpgi. Perché ho utilizzato per i calcoli gli identici dati che il neo segretario Fnsi ha illustrato in questi mesi nelle assemblee con i colleghi. E perché ho fatto controllare l’impostazione e i numeri della mia elaborazione a due esperti, uno degli editori e uno del sindacato. È vero, c’è un errore nell’attribuzione dello 0,6% contrattuale che modifica leggermente il risultato finale, mentre il numero dei prepensionati effettuati a fine di ogni anno ha uno scostamento di quattro unità rispetto a quanto contenuto nel documento dell’Inpgi perché io ho ricavato i dati dalle relazioni della Corte dei conti (non avendoli trovati nei bilanci dell’Inpgi). Ma la sostanza non cambia: in base ai dati in possesso fino a lunedì sera del sindacato e della categoria, in quanto comunicati dall’Inpgi, i posti per nuovi prepensionamenti fino al 2019 ci sono, e sono alcune centinaia. Quello che è accaduto in nemmeno 24 ore è ancora incomprensibile.
Confermo tutto, dicevo. Partiamo dal metodo: mi pare proprio quello corretto. Non a caso lo utilizza pure l’Inpgi. Il punto è però un altro: qual è il reale costo medio di un prepensionato? Se i calcoli sui finanziamenti dell’Inpgi e miei alla fine sono uguali (correggendo l’errore di cui dicevo) e cambiano solo le cifre del numero di prepensionamenti potenziali e disponibili, è solo perché dividiamo per due cifre diverse: 467 mila la direttrice Iorio, 350 mila io. Dove sta la verità?
Io non sono un tecnico e non ho accesso a tutti i dati dell’Inpgi (anche se, come iscritta, forse ne avrei diritto), ma come giornalista riporto quello che vedo e ascolto (da trent’anni). Utilizzo le fonti. E in questo caso la mia fonte principale è stato appunto l’Istituto di previdenza, in particolare proprio nella persona di Mimma Iorio.
Il 14 luglio del 2014 uscì un’agenzia di Public Policy sullo stanziamento da 51,8 milioni per i prepensionamenti del decreto Madia, che girai alla direttrice dell’Inpgi per chiederle spiegazioni tecniche precise, fidandomi come ho sempre fatto della sua competenza. Nel corso della cordialissima e interessante conversazione mi rivelò per la prima volta i valori che abbiamo poi utilizzato, in Fnsi (e anche in Fieg che io sappia), fino a oggi: in base all’esperienza di spesa dei primi anni di Fondo contrattuale per finalità sociali, ogni prepensionato costa in media 350 mila euro per un periodo di circa cinque anni e mezzo. Lei stessa mi spiegò che, aggiungendo ai 51,8 milioni statali il terzo a carico degli editori ci sarebbe stata “capienza” per 210 prepensionamenti. Noi prendemmo nota in Fnsi, e stilammo l’elenco: dai 17 residui di Mondadori ai 6 dell’Eco di Bergamo. Così risulta anche dalle tabelle che circolavano e circolano ancora in Fnsi (e quasi certamente anche in Fieg), che io ovviamente ho.
Ma non basta. Il costo medio da 350 mila euro è talmente noto a tutti che anche il neosegretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, lo utilizza a ogni piè sospinto, nei suoi interventi. E lo fa riportare nelle cronache che appaiono sul sito da lui diretto fnsi.it. Lo ha detto ad Ancona, come certificato appunto da una cronaca di agenzia e un articolo apparso sul sito. Ma anche alla Conferenza dei Cdr. E in Consiglio nazionale.
Non credo Lorusso azzardi cifre a caso, visto che ammette sempre di affidarsi alla competenza dell’Inpgi su temi così tecnici. E fa i calcoli per bene, infatti: se la lista di attesa dei prepensionamenti è di 224, altri ne arriveranno, e ogni prepensionato costa 350 mila euro, lo Stato dovrebbe darci altri 60 milioni a cui aggiungere il terzo degli editori. A conti fatti, 60 milioni più 26 degli editori diviso 350 mila fa 245.
Dunque, delle due l’una: o il costo di 350 mila euro a prepensionato è corretto ora come lo era nel luglio 2014 e fino all’8 giugno (per quanto a conoscenza del sindacato), e ho ragione io; oppure i 350 mila euro erano errati da sempre e bisogna chiedersi perché questa informazione sbagliata sia stata fornita a tutti, nella scorsa e nella attuale gestione della Fnsi. La terza ipotesi, un ricalcolo del costo medio con un improvviso aumento del 33,4% nel giro di qualche giorno, settimana o mese lo trovo sinceramente irrealistico.
Oggi il segretario Lorusso sostiene di non aver mai messo in dubbio i dati ufficiali dell’Inpgi. E questo nessuno lo ha mai detto. Ma allora dovrebbe ammettere sinceramente, davanti a tutta la categoria, di aver sbagliato a diffondere informazioni infondate e fuorvianti, per usare le parole della direttrice dell’Inpgi: nel suo ruolo, nessuno può permettersi di pronunciare numeri a caso e poi di ritirarli e “sposarne” altri senza dare alcuna spiegazione. Peraltro, io ho chiesto formalmente a Lorusso, come direttore responsabile del sito fnsi.it, nel pomeriggio di martedì 9 giugno, la pubblicazione del mio articolo originario, compreso di tabella, visto che era stata pubblicata una smentita con commenti a qualcosa mai apparso sul sito. Non ho ricevuto risposta da lui, e neppure dal presidente Santo Dalla Volpe, che era in copia in quanto garante dell’unità del Sindacato e difensore da sempre della libertà di informazione. Chiederò al direttore Lorusso di pubblicare pure questa mia risposta a dichiarazioni anche lesive del mio onore personale e professionale. In caso contrario, sarò costretta a difendermi in altra maniera.
Ho, dunque, rifatto i conti correggendo gli errori contenuti nella mia prima elaborazione, per correttezza nei confronti dei colleghi, gli unici a cui devo rispondere nel mio ruolo di componente della Giunta Esecutiva della Fnsi. Avevo, infatti, considerato che il contributo contrattuale dello 0,6% fosse stato interamente destinato ai prepensionamenti dal 2009 al 2015, mentre così non è. Nei primi anni, infatti, questo contributo si è quasi interamente accumulato fino a raggiungere la cifra di 16,723 milioni a fine 2012, quando le parti sociali decisero di destinare il 90% di tale importo a cigs, contratti di solidarietà e disoccupazione e il 10% (pari a 1,672 milioni) ai prepensionamenti. E, dall’anno successivo in poi fino a tutto il 2015, di impiegarlo invece solo per le uscite anticipate negli stati di crisi. Si legge a pagina 39 del bilancio Inpgi 2012, ma mi era sfuggito. Ed è però sfuggito anche alla direttrice dell’Istituto. Il totale relativo allo 0,6% utilizzabile per calcolare i prepensionamenti non è infatti 24,5 milioni, come ho calcolato io. Ma nemmeno 7,8 milioni come calcola Iorio. La cifra esatta è 9,5 milioni.
Questa correzione porterebbe a 1.149 invece di 1.209 il numero di prepensionamenti potenziali complessivi fino a fine 2019. Comunque 259 in più di quanti autorizzati o in corso di autorizzazione nel 2015. Senza tener conto dello 0,6% del 2015 e di eventuali inoptati. E sempre, ovviamente, considerando il costo medio di 350 mila euro, per me valido fino a prova contraria. Cioè fino a una spiegazione chiara e dettagliata dell’utilizzo dei fondi pubblici e delle aziende per i prepensionamenti dei giornalisti, così come è stata trasmessa al Ministero del Lavoro, che spieghi il calcolo di 467 mila euro. Anche perché mi chiedo come possa il ministero aver anticipato tanti soldi previsti per anni a venire, visto che nella tabella prodotta dall’Inpgi a fine 2014 i prepensionamenti in più rispetto a quelli potenziali sarebbero 290 e a fine 2015 potrebbero addirittura risultare qualcosa come 400. Oppure è l’Inpgi che ha anticipato il denaro incassato in questi anni dal ministero (che paga in una sola volta il costo di ogni prepensionamento, al momento dell’uscita del collega) per finanziare prepensionamenti che non sarebbero stati altrimenti possibili. In qualsiasi caso, credo che i giornalisti, gli editori, i ministeri vigilanti e anche tutti i cittadini che contribuiscono con la fiscalità generale ai prepensionamenti abbiano il diritto di avere maggiori dettagli.
Inoltre, l’Inpgi fa riferimento a una media pensionistica di 75 mila euro l’anno, su cui si baserebbero i calcoli per arrivare ai 467 mila euro, comprensivi dell’onere ventennale per lo scivolo. Ma come nasce questo numero? A chi è riferita la media pensionistica di 75 mila euro? La stessa Iorio sostiene, infatti, che i 350 mila euro si basterebbero (e questo sarebbe stato l’errore) su una media di 63 mila euro, che è però superiore a quella calcolata dalla Corte dei conti a fine 2013, pari a circa 57 mila euro di pensione. Quale tipo di pensionati comprende, dunque, la media di 75 mila euro? Che cosa sarebbero gli “effettivi trattamenti potenzialmente erogabili” di cui scrive la Iorio? Anche in questo caso, ci sarebbe bisogno di chiarezza da parte dell’Inpgi nei confronti della categoria.
Due ultime osservazioni. Che il nostro Istituto di previdenza sia in crisi di liquidità, non credo sia un mistero e neppure un’offesa, visto che è scritto nero su bianco nei bilanci e in documenti ufficiali, compresa la delibera che ha sospeso l’erogazione dei mutui agli iscritti (peraltro per far posto al finanziamento da 35 milioni per il fondo ex fissa, che non si sa ancora se e quando arriverà). Così come non lede l’onore di alcuna azienda affermare che un fondo come quello contrattuale per finalità sociali, che in bilancio nello Stato Patrimoniale viene correttamente iscritto tra i debiti, quindi tra le cosiddette fonti di finanziamento, con un valore a fine 2014 di 41,6 milioni (4 milioni in più rispetto all’anno precedente), possa essere utilizzato per la liquidità corrente anche se ovviamente ha una propria destinazione d’uso e contabilità verificabile. Un po’ come avviene per il Tfr dei dipendenti accantonato dalle aziende e iscritto, appunto, nello Stato Patrimoniale: qualcuno mette in dubbio che costituisca liquidità utilizzabile per le imprese?

Daniela Stigliano
Unità Sindacale
Giunta Esecutiva Fnsi

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