ROMA – È rivolta nei Consigli regionali dell’Ordine dei giornalisti sul “decreto salva fannulloni”, ovvero sull’ordine del giorno approvato a maggioranza dal Consiglio nazionale che, in materia di revisione degli iscritti all’Albo professionale, consente a chi non può “temporaneamente dimostrare di possedere i requisiti previsti” di chiedere “il differimento della revisione ad una data successiva comunque non superiore a due anni”.
I presidenti degli Ordini di Lazio (Paola Spadari), Lombardia (Gabriele Dossena), Marche (Dario Gattafoni), Sardegna (Francesco Birocchi), Liguria (Filippo Paganini), Puglia (Valentino Losito), Toscana (Carlo Bartoli), Umbria (Dante Ciliani), Valle D’Aosta (Tiziano Trevisan) e Sicilia (Riccardo Arena), ovvero di 10 regioni che rappresentano la maggioranza degli iscritti professionisti e pubblicisti (63.839 su 103.036) esprimono, infatti, “sconcerto rispetto al documento sulla revisione dell’Albo approvato dal Consiglio nazionale il 14 maggio”.
“Pur partendo dal lodevole e condivisibile intento di armonizzare le procedure su tutto il territorio – denunciano i dieci presidenti regionali – il documento del Cnog sfocia nel suggerimento di una clamorosa violazione della normativa professionale laddove invita, di fatto, gli Ordini regionali a sospendere l’efficacia delle norme che obbligano gli Ordini regionali a procedere alla revisione degli elenchi almeno una volta l’anno e a cancellare per inattività gli iscritti che risultino privi dei requisiti professionali previsti dalla legge istitutiva all’articolo 1”.
“Un pur autorevole ordine del giorno del Cnog – rilevano i presidenti di Lazio, Lombardia, Marche, Sardegna, Liguria, Puglia, Toscana, Umbria, Valle D’Aosta e Sicilia – di certo non può sostituirsi alle linee guida fondamentali, quelle indicate dalle norme vigenti. Spiace, in modo particolare, ravvisare nelle premesse del documento del Cnog un uso spregiudicato e strumentale dell’analisi sulla crisi dell’editoria che approda addirittura nell’aberrante equazione, rivelatrice delle vere preoccupazioni del Cnog o almeno della sua maggioranza, che ogni iscritto è prezioso in quanto portatore di una quota e, dunque, un minor numero di iscritti di fatto mette a repentaglio la solidità del bilancio del Consiglio nazionale”.
“Una concezione associazionistico-economica dell’Ordine – denunciano i presidenti regionali – diametralmente contraria ai principi professionali e costituzionali che hanno ispirato il legislatore. La legge sarà pure vecchia di oltre mezzo secolo ma non si può negare che poggi su basi ben più solide e nobili di un criterio ragionieristico”.
“A fare le spese – incalzano i dieci presidenti regionali dell’Odg – di una interpretazione così disinvolta della normativa ordinistica, purtroppo, rischiano di essere proprio gli iscritti che il Cnog finge di voler tutelare. A parte il cattivo esempio di un atto di indirizzo scritto con il malcelato intento di aggirare la legge, agli iscritti il Cnog finisce per fornire l’illusione di poter sfuggire alle regole sulla revisione addirittura in maniera retroattiva e qui gli estensori del documento approvato lo scorso 14 maggio dimostrano anche limiti di cultura giuridica finora evidentemente ben celati”.
“Gli Ordini regionali – concludono i presidenti regionali – non possono fare altro che ribadire l’assoluta inapplicabilità dell’atto di indirizzo approvato a maggioranza dal Cnog il 14 maggio scorso in tema di revisioni e dichiarano che continueranno ad osservare la legge come unica strada maestra per la tenuta dell’Albo”.
Dieci presidenti: “Atto di indirizzo scritto con il malcelato intento di aggirare la legge”