ROMA – «È una cosa privata il barbiere». Quattro agenti della scorta del sindaco Marino si avvicinano con fare minaccioso. Il primo cittadino, nel frattempo, se ne sta seduto comodamente sulla seggiolina mentre il barbiere gli mette la mantella azzurrina intorno al collo per dargli una scorciatina alla barba.
I quattro vigili urbani si avvicinano a noi, cronista e fotografo de Il Tempo, e ci chiedono di identificarci. Noi rispondiamo a quale titolo ci stiano chiedendo i documenti. Loro replicano: «Siamo della segreteria particolare del sindaco» ed esibiscono il tesserino del corpo della polizia municipale.
La discussione si accende. Ci circondano. Ci prendono i documenti e impediscono al fotografo di utilizzare il telefono: «Lei in questo momento non può avere contatti con l’esterno». Arrivano altre due auto della Municipale con quattro agenti in divisa. E si passa alle minacce: «Cancella subito le foto».
Chiediamo spiegazioni: «È un luogo pubblico, le foto le abbiamo fatte dalla strada e il sindaco è una personalità pubblica. Voi questo non le potete fare. Noi vogliamo solo fargli alcune domande sull’ultima stangata approvata dalla sua giunta con il nuovo piano del traffico».
Per tutta risposta ci dicono che rischiamo una denuncia per «violazione della privacy». Come per dire che intervistare il sindaco aspettandolo all’esterno del barbiere rientri nell’ambito della privacy.
Il «sequestro» è cominciato alle 17,23 di ieri ed è terminato alle 21,30 in via Archimede, ai Parioli, dove si trova il barbiere dei vip «Rocco». Le minacce sono continuate fino a tardi: «Se non cancellate le foto vi facciamo passare 23 ore e 59 minuti in Questura». Noi abbiamo continuato a opporci e, a quel punto è iniziata una trattativa.
I vigili della scorta «particolare» del sindaco abbassano le pretese: «Va bene, consegnateci le foto e in Questura ci passerete solo due ore». Niente da fare. Noi replichiamo: «Le foto non ve le possiamo dare. È libertà d’informazione. Se volete chiamiamo il nostro avvocato e ne discutiamo».
Loro, a quel punto requisiscono la macchina fotografica mettendola nel portabagagli della loro auto. Subito dopo fanno salire il fotografo nella vettura per portarlo il Questura.
Noi, a quel punto, insistiamo: «Prima però chiamiamo il nostro avvocato». Intanto inizia la partita Juve-Lazio. I bianconeri segnano. La tensione si abbassa (un agente è juventino). Dopo quattro ore, i vigili ci ripensano. All’improvviso il calcio riesce a stemperare la tensione e noi, cronista e fotografo, veniamo «liberati». (Il Tempo)
Augusto Parboni
Pasquale Carbone