ROMA – Per paura della possibile corruzione del personale, la Giustizia amministrativa ricorre a un black out dell’informazione che impedisce ai cittadini di sapere cosa facciano Consiglio di Stato e Tribunali amministrativi regionali (Tar) che decidono sulle vicende degli enti pubblici e quindi, a maggior ragione, con il bisogno del controllo dei cittadini.
Con ciò ribaltando la sentenza di uno dei massimi giuristi italiani, Franco Cordero: “La sola cosa più importante del rendere giustizia è il vedere come il giudice la rende”.
Perché dietro le cortine fumogene del segreto tutto può avvenire. Lo sanno bene i giudici della Corte europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo che nelle loro sentenze ripetutamente definiscono i giornalisti “cani da guardia della democrazia” e bollano come illegittime e illegali tutte le limitazioni al loro lavoro.
Il black out, iniziato da qualche giorno, consiste nell’oscuramento per i giornalisti del sito internet www.giustizia-amministrativa.it (unico, sia per i Tar , sia per il Consiglio di Stato). E’ una conseguenza diretta, dicono, del Piano per la prevenzione della corruzione nell’ambito della Giustizia amministrativa 2014 – 2016 emesso il 30/1/2014 con un decreto dal Presidente del Consiglio di Stato Giorgio Giovannini.
In una lunga e meticolosissima elencazione di casi di eventuale, sospetta, possibile corruzione del personale, il decreto sancisce che i giornalisti non possano più accedere al portale e che al personale “non è consentito intrattenere rapporti con organi di stampa od altri mezzi di comunicazione di massa aventi ad oggetto le attività istituzionali”.
Rimane, sulla carta, una terza via: chi avesse interesse alla consultazione dei ricorsi contro le amministrazioni pubbliche, può inviare una e-mail all’indirizzo: “webmaster@giustizia-amministrativa.it” che risponderà con i tempi della Giustizia, cioè a babbo morto, cioè, si può ipotizzare, mai o comunque troppo tardi.
Senza l’informazione tempestiva dei giornalisti, i cittadini non sapranno praticamente nulla di ciò che combinano Consiglio di Stato e Tar: il processo amministrativo, infatti, è pubblico solo nella fase conclusiva poichè le udienze sono “in camera di consiglio” nella fase cautelare.
Il Codice del processo amministrativo prescrive che le decisioni (ordinanze, decreti e sentenze) diventano pubbliche con il deposito in cancelleria, con l’apposizione del numero di registro e la notifica alle parti. Quindi solo agli interessati, non alla generalità dei cittadini che vengono informati dai cronisti: senza il lavoro dei giornalisti il pubblico non verrebbe informato in modo corretto, completo e tempestivo, come è suo preciso diritto, sancito dall’art.21 della Costituzione.
Ma adesso la Giustizia amministrativa ha deciso di ammantarsi di segreto. Una iniziativa che sta creando imbarazzo a più livelli e che, probabilmente, è all’origine della mancata risposta del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, alla interrogazione dell’on. Ernesto Magorno, componente della Commissione parlamentare Antimafia, il quale sostiene che “sarebbe singolare se per combattere la corruzione si impedisse alla stampa di informare liberamente i cittadini su informazioni di pubblico interesse”.
Columba (Unci): “Non possiamo sapere cosa facciano Consiglio di Stato e Tar”