ROMA – Non si può certo dire che al governo, e in particolare al sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, porti bene fare annunci sulla riforma dei canoni televisivi. Buone le intenzioni: far pagare il canone Rai a tutti e di meno; e rimettere ordine sui canoni d’affitto delle frequenze con un intervento organico su norme pensate per le tlc e applicate alla tv.
Purtroppo è finita male la querelle dell’imposta Rai, che doveva finire nella bolletta elettrica (più bassa e meno evasa) e invece è rimasta (sempre a quota 113,5 euro) ben salda nei bollettini di 16,8 milioni di famiglie italiane che i ben informati raccontano diventate ancora di meno (l’evasione è già intorno al 27%) proprio a causa della politica degli annunci dell’esecutivo. È finita peggio, se possibile, con la riforma dei canoni che i broadcaster pagano allo stato per l’affitto delle frequenze tv.
Anche qui Giacomelli aveva promesso uno stop alla delibera del 30 settembre scorso dell’Agcom; aveva immaginato un anno sabatico per riscrivere le regole mantenendo lo status quo; e poi via con il nuovo corso, magari dopo un passaggio in Parlamento. Ma il tutto si è risolto con un nulla di fatto.
L’emendamento al Milleproroghe è saltato sul filo di lana perché il gettito previsto dall’Agcom (55 milioni l’anno) è addirittura superiore al precedente (48 milioni) almeno a regime. I broadacster hanno pagato un anticipo del 40% di quanto versato nel 2013 (Rai e Mediaset 10,5 milioni a testa) come anticipo per il 2014 in forza di una “determina ministeriale” (da non confondere con i decreti) di fine anno. E ora si vocifera che lo stesso emendamento – chissà cosa ne pensano il Mef e la Corte dei Conti – tornerà nel decreto banche e investimenti. Un altro annuncio?
Il vecchio sistema dei canoni d’affitto per le frequenze tv imponeva ai braodcaster di versare l’uno per cento del fatturato: per Rai e Mediaset circa 22 milioni di euro a testa. Dal 2014 il canone ricadrà invece (come richiesto da una direttiva europea recepita dalla legge Monti) sulle società che gestiscono le torri di trasmissione.
Con il nuovo modello nei prossimi 18 anni lo Stato incasserebbe – a quanto apprende il Velino – in totale dai canoni per le frequenze tv 990 milioni di euro (55 milioni l’anno). E il costo dell’affitto di ogni multiplex sarà poco più di 2,5 milioni l’anno. Rai Way infatti, pagherà a regime 13 milioni per 5 Mux. E lo stesso farà Elettronica Industriale.
Gli operatori di rete – a quanto sembra – potranno concordare una tempistica agevolata nel pagare i canoni. Tempistica che sarà ancor più diluita nel tempo per i nuovi entranti. Rai e Mediaset risparmieranno, dunque. Ma il problema vero si presenta per chi come il gruppo Persidera (partecipato al 70% da Telecom Italia e al 30% dal Gruppo l’Espresso, e con cinque multiplex in pancia) passerà da un canone di 300 mila euro dovuto nel 2013 a uno di 13 milioni…
Un bel problema per chi quelle frequenze pensava di venderle. Le tv locali, invece, per l’affitto pagheranno a regime tra i 10 e i 60 mila euro l’anno, per un totale di 8 milioni l’anno. (Il Velino/Agv News)
Prima il rinvio della riforma dell’imposta, ora il caos delle frequenze televisive