ROMA – Forte preoccupazione per quanto sta maturando nel dibattito parlamentare in relazione alle modifiche di legge sulla diffamazione a mezzo stampa. Ad esprimerla, in un documento approvato all’unanimità, è il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, riunito da martedì a Roma.
In particolare, “tranne l’abolizione della previsione del carcere, alcune modifiche alla vigente legislazione – si legge nel documento del Cnog – appaiono, se confermate, peggiorative, e tali da mettere ulteriormente a rischio diritti costituzionali: per i cittadini di disporre di una corretta e completa informazione, per i giornalisti di informare. In dettaglio, la previsione di sanzioni pecuniarie elevate risulta non equa, e costituisce un deterrente per l’esercizio della libera informazione. Tanto più se si tiene conto che la Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) di Strasburgo con ripetute sentenze ha stabilito che le sanzioni devono essere proporzionate alla capacità economica del giornalista querelato”.
Inoltre “le pene accessorie riferite all’esercizio della professione – prosegue il Consiglio nazionale – devono rimanere di esclusiva competenza dei consigli di disciplina dell’Ordine. La previsione di norme rigide per la rettifica da pubblicarsi in tempi stretti e senza possibilità di replica o precisazione, rischia di lasciare l’ultima parola al presunto diffamato, che avrebbe modo di manipolare a proprio vantaggio l’informazione.
In relazione alla rettifica, si ritiene necessario che il richiederla sia condizione indispensabile a qualsiasi azione giudiziaria nei confronti dei giornalisti”.
E ancora: “In merito ai termini prescrizionali per l’azione civile relativa al risarcimento del danno alla reputazione, si chiede che siano ridotti ad un anno dalla pubblicazione, tempo più che sufficiente per ottenere la riparazione della propria reputazione. Per l’informazione via web, le indicazioni finora emerse in sede parlamentare risultano confuse e penalizzanti, e di difficile praticabilità sia per la rettifica sia per il diritto all’oblio, e soprattutto per il rischio di moltiplicazione delle sedi giudiziarie. Infine, la previsione per le querele temerarie appare timida e insufficiente”.
Il Consiglio dell’Ordine: “Tranne l’abolizione del carcere, il resto preoccupa”