ROMA – «La verità del giornalista – scriveva Annibale Paloscia – è sempre un fulmine contro ogni tipo di omertà. Nel rapporto con le fonti, ciò che più conta per il giornalista è acquisire la verità; nel rapporto con il pubblico, ciò che più conta è divulgare le verità che rendono i cittadini più liberi».
Oggi, mercoledì 22 gennaio, alle ore 17 nella sede Fondazione “Paolo Murialdi” di via Nizza 35 a Roma, il lancio ufficiale del libro “Informazione e libertà di pensiero. Appunti di un giornalista” (All Around, 160 pagine, 18 euro), scritti di Annibale Paloscia, a cura delle figlie Francesca e Marta. Un evento vero e proprio data la statura professionale e la storia personale di Annibale Paloscia che del nostro mondo è stato non solo uno dei pionieri, ma soprattutto uno dei grandi maestri di deontologia oltre che di scrittura. Rimarranno indimenticabili per me i suoi interventi in Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti dove tutti noi, allora giovani cronisti appena eletti, lo seguivamo con l’attenzione che si deve solo ai grandi maestri. Quanta dolcezza nelle cose che diceva, e soprattutto nel modo come le porgeva agli altri.
«Questo volume – spiegano le sue figlie Francesca e Marta – raccoglie una serie di appunti, dispense e articoli trovati nel cassetto della scrivania dello studio di nostro padre, la stanza della casa nella quale trascorreva gran parte della giornata. Era un ambiente che diceva molto di lui, ritraendolo nei suoi interessi, nelle sue passioni e nei suoi hobby.
Nelle librerie a parete i libri utili alle sue ricerche e ai suoi scritti coprivano discipline differenti: storia, filosofia, politica, letteratura antica, storia della lingua italiana, arte e antropologia. I libri antichi erano una passione custodita in una libreria con vetrina. Riguardavano soprattutto grammatiche di italiano e manuali di stilistica e di retorica trovati su bancarelle di fiducia, ora valorizzati, in cospicua parte, presso la sede dell’Accademia della Crusca di Firenze, che ne ha confermato un pregio che il suo istinto bibliofilo aveva saputo cogliere».
«L’evento – spiega la casa editrice All Around – intende celebrare e ricordare il forte impegno professionale e l’enorme contributo di Annibale Paloscia al mondo dell’informazione italiana, con l’intento di proporre un insegnamento ai lettori: il professionista del giornalismo ha il dovere di lavorare con prudenza e consapevolezza del proprio potere di informare, di influenzare lo spirito pubblico e di formare la coscienza politica dei cittadini».
«Questa raccolta, donata oggi alla fondazione Murialdi – aggiungono Marta e Francesca Paloscia – rappresenta anche un panorama dei giornali italiani attraverso i secoli in cui la stampa diventa simbolo di libertà democratica. Cento testate di giornali di area politica prevalentemente garibaldina, radicale, moderata, di area liberale, di area cattolica e socialista. L’analisi di questo materiale occupa uno dei primi capitoli di questo libro, in cui viene dato rilievo alla storia del giornalismo».
Il dibattito sarà introdotto e moderato da Giancarlo Tartaglia, segretario generale e motore della Fondazione Murialdi, ma soprattutto studioso e storico del giornalismo italiano. Interverranno alla manifestazione Claudio Fracassi, giornalista, scrittore ed ex direttore di Paese Sera e Avvenimenti, Stefano Polli, giornalista e vicedirettore dell’agenzia Ansa, che ha scritto l’introduzione al libro, e Paola Spadari, segretaria dell’Ordine nazionale dei giornalisti.
«Lavorando con lui – ricorda nella sua prefazione Stefano Polli, oggi vice direttore dell’Ansa – gli chiedevo di raccontarmi degli anni ’70, periodo durissimo per i cronisti, oltre che, naturalmente, per il nostro Paese. Parlai con lui molte volte del terrorismo, della strategia della tensione e degli attentati, dei misteri italiani di quei lunghi anni, della contestazione studentesca. Ma anche dei grandi fatti di cronaca che aveva seguito direttamente, come la tragedia del piccolo Alfredino a Vermicino o dei suoi reportage dall’estero, dalle rivolte nella Romania di Ceausescu alla Jugoslavia in fiamme. Annibale era il testimone di un’epoca, di una curva della storia italiana ed europea che lui aveva vissuto in prima persona, stando al posto giusto al momento giusto da quel cronista di razza che era. Nei suoi racconti tutto diventava facile, ma poi, nel corso degli anni, ho capito che era una semplificazione letteraria».
“Informazione e libertà di pensiero – Appunti di un giornalista”, precisano le figlie di Annibale Paloscia, «non è propriamente un manuale di giornalismo, ma un testo che offre numerosi spunti su una professione in cui, al di là della tecnologia, o anche per via della tecnologia, è indispensabile porsi come testimoni critici della realtà di cui si dà notizia, possedendo capacità interpretativa e occhio vigile».
Annibale era figlio di Leonardo Paloscia, altro grande giornalista e consigliere d’amministrazione dell’Inpgi nominato, negli anni Sessanta, commissario ministeriale con il compito di rifare lo Statuto. A lui, circa 25 anni fa, Pierluigi Roesler Franz fece intitolare il grande complesso immobiliare di via Giulio Galli 71, a Roma, in zona Cassia-Giustiziana oltre il Grande Raccordo Anulare. (giornalistitalia.it)
Pino Nano
CHI ERA ANNIBALE PALOSCIA
Annibale Paloscia era nato a Bari il 4 giugno 1935, viveva a Roma dove è morto il 12 novembre 2021. Decano dei cronisti italiani, in prima linea nella lunga stagione del terrorismo, autore di libri di storia, che era una delle sue passioni. È stato capocronista della cronaca dell’Ansa e successivamente a capo della redazione cultura. Dal 1996 al 2000 è stato vicedirettore del settimanale “Avvenimenti”.
Studioso dei problemi della sicurezza e dell’intelligence, ha scritto importanti saggi sulla storia dell’ordine pubblico in Italia raccontando storie sconosciute. Era a via Caetani il 9 giugno del ’78 quando nella Renault rossa fu ritrovato il cadavere di Aldo Moro, era a Vermicino nel giugno del 1981 nei giorni del dramma del povero Alfredino Rampi, per citare solo due esempi tra i tantissimi che si possono rintracciare nell’immenso archivio dell’agenzia Ansa.
Ha raccontato gli anni ’70 delle proteste sindacali, della contestazione studentesca, del terrorismo, delle esecuzioni delle Br, degli scioperi, della strategia della tensione e dei misteri italiani e dei servizi di sicurezza deviati. In Romania seguì da inviato la caduta del dittatore Ceaucescu nel 1990. È stato per anni nel Cdr dell’agenzia Ansa, nell’Ordine dei Giornalisti e nel sindacato. (giornalistitalia.it)