VIBO VALENTIA – «Indebita percezione di erogazioni a danni dello Stato e installazione di apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni tra altre persone».
Questi i gravi reati contestati all’amministratore unico e all’investitore di una società editoriale multimediale, attiva nel settore dell’informazione e della comunicazione operante nel Vibonese, nei confronti dei quali il Gip di Vibo Valentia, su richiesta della Procura della Repubblica, ha emesso la misura cautelare del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, per un valore di circa 26.300 euro, eseguita oggi dalla Polizia di Stato guidata dal questore Rodolfo Ruperti.
L’articolata attività di indagine, condotta dalla Digos della Questura, con il supporto degli agenti della Squadra Mobile e della Divisione Anticrimine della Polizia di Stato di Vibo Valentia, ha tratto origine dalle dichiarazioni rese da alcuni giornalisti, dipendenti della società, i quali avevano riferito che «l’editore aveva installato, in prossimità delle postazioni di lavoro dei giornalisti, delle telecamere munite di microfono al fine di captare le comunicazioni che avvenivano in prossimità delle postazioni di lavoro». Gli stessi giornalisti avevano, inoltre, denunciato che l’editore «avesse, altresì, fittiziamente ridotto l’orario di lavoro dei dipendenti del 30% ricorrendo alla cassa integrazione guadagni, per scaricare parte dei costi del lavoro sul suddetto istituto, nonostante – di fatto – fosse stato mantenuto dai lavoratori interessati il consueto orario di lavoro».
La Questura di Vibo Valentia spiega che «i conseguenziali approfondimenti investigativi, svolti dagli agenti della Digos sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Vibo Valentia, hanno consentito, attraverso l’escussione di ulteriori giornalisti (alcuni dei quali attualmente in servizio presso altre testate giornalistiche), di lavoratori impiegati presso la suddetta società con mansioni diverse, nonché attraverso l’analisi della documentazione acquisita presso l’Inps, di riscontrare quanto dichiarato dai denuncianti, attestando come l’editore avesse effettivamente posto in essere una contrazione non veritiera dell’orario di lavoro, conseguendo un indebito risparmio di spesa equivalente alla mancata corresponsione della parte di salario coperta dall’ammortizzatore sociale, corrisposta direttamente dall’Inps ai lavoratori e non dal datore di lavoro, per un totale di circa € 26.300».
Accertamenti, questi, che gli investigatori hanno sottoposto alla competente Autorità Giudiziaria che ha richiesto e ottenuto dal Gip di Vibo Valentia il «provvedimento cautelare reale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente cui si è dato esecuzione nella mattinata odierna congelando l’importo della somma indebitamente percepita dai conti correnti degli indagati».
Contestualmente è stata data esecuzione al decreto di perquisizione emesso dal Pubblico Ministero titolare del fascicolo processuale volto al rinvenimento e conseguente sequestro delle apparecchiature di videosorveglianza e archiviazione di dati nelle sedi della società vibonese.
La Questura specifica, infine, che «i provvedimenti adottati in fase investigativa e/o dibattimentale non implicano alcuna responsabilità dei soggetti sottoposti ad indagini ovvero imputati e che le informazioni sul procedimento penale in corso sono fornite in modo da chiarire la fase in cui il procedimento pende e da assicurare, in ogni caso, il diritto della persona sottoposta ad indagini e dell’imputato a non essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili».
Concordando con la Questura di Vibo Valentia sul «pieno rispetto del diritto della persona sottoposta ad indagini e dell’imputato da non considerare colpevole sino alla condanna definitiva, come sancito dalla Costituzione», il segretario generale del sindacato dei giornalisti Figec Cisal, Carlo Parisi, esprime «forte sconcerto per i fatti emersi dalle indagini e piena solidarietà ai giornalisti coinvolti» auspicando che «sia fatta al più presto piena luce su una vicenda che, se confermata, apre inquietanti interrogativi sulla libertà dei giornalisti in redazione e sull’uso degli ammortizzatori sociali». (giornalistitalia.it)