ROMA – La Rai, il suo futuro e le sfide da affrontare tutti insieme. Di questo si stanno occupando gli Stati Generali della Rai, in corso nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, coinvolgendo esperti del settore, rappresentanti istituzionali, accademici ed operatori del mondo dell’informazione e della comunicazione.
Al centro del dibattito avviato dal presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, Barbara Floridia, i temi di sempre, che riguardano la Rai del futuro, di quel che è e di quel che potrebbe (o dovrebbe) diventare questa grande Azienda di Stato.
Si parla dunque di Rai, del suo ruolo e della sua missione imprescindibile di servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale, in uno scenario di grandi cambiamenti e in un mercato sempre più affollato e convulso.
La più grande azienda culturale del Paese è, dunque, la grande protagonista di un appuntamento fortemente voluto dal presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi Barbara Floridia, e il cui programma ufficiale prevedeva, dopo la sua relazione di apertura dei lavori, i saluti istituzionali del presidente del Senato, Ignazio La Russa, del vicepresidente della Camera, Sergio Costa, dei ministri Alessandro Giuli e Adolfo Urso e dei sottosegretari Alessandro Barachini, Federico Freni e Alessandro Morelli. Naturalmente l’attenzione della prima giornata mattinata è stata incentrata sulla relazione centrale dell’amministratore delegato della Rai, Giampaolo Rossi.
Tra le “sfide” che interessano il servizio pubblico – precisa la Rai – «c’è sicuramente il nodo della governance e la questione del Media Freedom Act, il recente regolamento europeo sulla libertà dei media, per un rafforzamento della tutela dell’indipendenza, della qualità e del pluralismo dell’informazione pubblica, quale insostituibile presidio della democrazia. Un tema, quello della revisione del modello attualmente vigente, sul quale c’è stata ampia convergenza tra le forze politiche in seno alla Commissione. E sul quale i partiti si sfidano con le diverse proposte».
Secondo Barbara Floridia «la politica può ancora riuscire a riflettere insieme e a trovare una sintesi per il bene dei cittadini e del servizio pubblico. I vecchi partiti hanno dato negli anni prove così negative che oggi è quasi impossibile credere nella possibilità di fare qualcosa senza secondi fini e inciuci nascosti».
Per il presidente della “Vigilanza” «l’obiettivo non è solo quello di fare una riforma che sia il più trasversale possibile» ma anche far rinnamorare i cittadini del Servizio. Oggi più che mai «è importantissimo liberare la Rai dai partiti. Perché se non la si liberasse, finirebbe per essere irrilevante in questo sistema digitale. La Rai deve essere libera di operare. Abbiamo smesso di fidarci del servizio pubblico e questo per me è un grande danno per i cittadini. Anche in questi Stati Generali ho il piacere che venga detto pubblicamente da tutti i partiti che tengono a questa riforma e che vada fatta».
L’idea del presidente della Commissione Parlamentare di Vigilanza è abbastanza chiara e anche nota: «A nostro avviso – aveva già anticipato qualche giorno fa in una intervista a Radio 1 – il consiglio di amministrazione dovrebbe durare almeno 6 anni e avere delle risorse certe, da canone o da fiscalità generale. Si devono aumentare le risorse: in Francia con 11 mila addetti il servizio pubblico ha risorse più del miliardo e 800 che abbiamo noi con 12 mila addetti. Si capisce bene che con poche risorse non ci possa essere informazione di qualità».
«Mi auguro – sottolinea, invece l’amministratore delegato Giampaolo Rossi – che questa intensa “due giorni”, per la quale ringrazio la presidente Floridia e tutta la Commissione Parlamentare, possa fornire i necessari spunti di riflessione per dare forma alla Rai che verrà, attraverso un dibattito serrato e una proposta di riforma condivisa da tutte le componenti istituzionali qui rappresentate e dalle tante voci autorevoli coinvolte».
L’auspicio dell’ad della Rai è di trovare una strada comune che sappia tener conto del ruolo di Rai nel contesto industriale e culturale della nostra nazione e che riesca a personalizzare ogni tipo di intervento di riforma, senza mostrare sudditanza verso modelli europei che, per quanto storicamente virtuosi, non si stanno dimostrando oggi esenti da crisi.
«Sappiamo – ripete Giampaolo Rossi – che il Servizio Pubblico radiotelevisivo e multimediale, per svolgere in pieno il proprio ruolo, ha l’obbligo di adattarsi all’incursione del tempo, alle trasformazioni tecnologiche e culturali, ai mutamenti sociali, continuando a liberare talento e visione. E per farlo sono tante le domande da sollevare e le risposte da dare, in un momento storico così articolato e diverso rispetto al passato».
Giampaolo Rossi è il primo a riconoscere che il momento che stiamo vivendo è assai complesso, «che ci presenta sfide nuove dettate dall’espansione del mercato, dalle tante concorrenze, dalla normativa nazionale ed europea, dalle esigenze finanziarie e dalle transizioni in atto. Ritengo preziosi simili appuntamenti di confronto aperto e rispettoso affinché il nostro Servizio Pubblico si realizzi mediante la sua naturale capacità di essere contemporaneo, restando il mezzo più efficace per raggiungere i cittadini e per veicolare il racconto del tessuto sociale e delle voci nazionali, internazionali e locali».
A giudizio dell’amministratore delegato della Rai è questa la funzione da proteggere rispetto ai grandi player globali che, ormai da anni, operano nel mercato con contenuti spesso lontani dalla nostra identità e tarati su un gusto che definirei standardizzato. «E lo fanno – evidenzia Giampaolo Rossi – mediante una narrazione a volte omologata e molto legata alla legge del mercato e dell’algoritmo e, forse, meno al substrato più vero della nostra nazione. Non possiamo non chiederci allora, in una cornice come questa, quale sarà la trasformazione del mercato nel prossimo futuro e come affronteremo, dunque, la competizione estrema e segmentata che già oggi vede i vari colossi con volumi di investimento e costi imparagonabili ai nostri e con strategie di crescita agguerrite».
Il dibattito attorno alla Rai tende a concentrarsi spesso sul tema del modello di governance che deve adottare un’azienda così complessa e sulle regole con le quali svolgere il proprio ruolo di garanzia di pluralismo. «Rispetto a questa premessa – aggiunge Rossi – ritengo necessario suggerire anche un ulteriore elemento di dibattito. Un’eventuale nuova architettura normativa della Rai credo debba affrontare due aspetti essenziali, che solo apparentemente sembrano slegati tra loro: la natura giuridica della Rai ed il suo ruolo di hub industriale per un’intera filiera produttiva del nostro Paese, quella dell’audiovisivo. I due aspetti sono intimamente connessi tra loro perché caratterizzano in profondità il ruolo che potrà continuare a svolgere il Servizio Pubblico nel futuro».
Giampaolo Rossi non conosce mediazioni e affonda la lama del colettlo nella piaga sannguinante dell’Azienda: «La Rai si trova oggi ad essere un’azienda che opera in un mercato, quello italiano, sempre più aggressivo e in rapida trasformazione, nel quale molti operatori globali sono entrati con volumi d’investimento notevoli e spesso senza vincoli d’investimento. E si trova costretta a farlo non solo con molte meno risorse rispetto al passato ma anche vincolata ad una complessità normativa e burocratica che rende sempre più difficile svolgere il proprio ruolo di sostegno all’industria italiana».
L’allarme è preciso e fortemente sofferto, anche perché parliamo di una azienda con il valore di produzione che, nel 2023, ha superato i 2 miliardi, come ha evidenziato l’ultimo rapporto APA, un mercato che la Rai sostiene per 1/3 degli investimenti complessivi, con un investimento totale audiovisivo nell’ultimo triennio di oltre un miliardo e 200 milioni.
È chiaro che da qui non si scappa: «Il Servizio Pubblico, sostenuto da risorse pubbliche a garanzia della sua autonomia e della sua indipendenza – sottolinea Giampaolo Rossi – deve dunque restare un modello solido, in grado di garantire un’offerta di alta qualità e molteplice, finalizzata alla costruzione della nostra identità nazionale e del nostro immaginario di convivenza civile, che la sola dinamica di mercato non potrebbe mai assicurare»
Sono lontani ormai gli anni in cui la Rai era solo la Radio o la televisione e quanto il Servizio Pubblico oggi non corrisponda più unicamente al televisore o alla radio, intesi come oggetti fisici con una loro sacralità domestica. I consumi non sono più soltanto lineari ma anche rapidi, istantanei e accessibili ovunque. «Sta a noi, allora, – aggiunge Giampaolo Rossi – metterci in ascolto e in gioco e non aver paura di innovare e sperimentare nuovi linguaggi, generi e tipologie di contenuti, anche a costo di correre dei rischi, così da rispondere al meglio alle mutate esigenze fruitive».
Guai a dimenticare cosa sia diventata oggi RaiPlay, con il suo catalogo in costante aumento e con circa il doppio dei titoli rispetto a quello Bbc, i grandi eventi Rai (Sanremo, Olimpiadi, Europei), le piattaforme, la presenza attiva sui nuovi media e un pronto utilizzo delle ultime tecnologie, la digital media company che abbiamo davanti, l’attuazione del nuovo piano industriale e l’utilizzo accorto e umano dell’intelligenza artificiale.
«Ma sono solo alcuni degli sforzi – sottolinea l’amministratore delegato – che abbiamo messo in campo e che permetteranno all’azienda di aprirsi a nuovi target e soprattutto di continuare a vivere da protagonista sulla scena audiovisiva dei broadcaster europei».
Alla fine il Rossi-Pensiero trova una sintesi assoluta in queste certezze, che lui elenca con assoluta consapevolezza: «Ampiezza dell’offerta (Rai infatti, tra i big five, è quella con il maggior numero di canali televisivi e radiofonici nazionali, propone un’offerta internazionale seconda solo alla Bbc, e un’offerta regionale dettagliata con 2 canali dedicati e 24 finestre informative); Livello di performance (Rai continua a registrare livelli top nel confronto con i Big5 e detiene una quota di mercato superiore a quella degli operatori commerciali). Nonostante, come sappiamo, il nostro finanziamento pubblico sia decisamente più basso, sia in termine assoluti sia parametrato secondo i principali indicatori socio-demografici e di performance, rispetto agli altri Servizi Pubblici d’Europa registriamo: minore finanziamento pubblico in rapporto al Pil e al numero di abitanti; Minore incidenza del finanziamento pubblico rispetto ai ricavi complessivi, Minore finanziamento pubblico in rapporto alle performance misurate in punti di share.
«Ecco, è questa è la Rai che immagino, che immaginiamo e che penso sia urgente rimettere a fuoco insieme. Ed è la Rai che immaginano anche le donne e gli uomini italiani, che vorrebbero semplificazioni e chiarezza e ai quali poco interessano le polemiche e gli scontri che spesso assorbono troppe delle nostre energie. Una Rai che vuole parlare a tutti e vuole farlo con i linguaggi e gli strumenti adatti. Una Rai che difende la sua anima plurale e a confermarlo sono la correttezza e l’affidabilità dell’offerta informativa e la circolazione di idee e opinioni diverse, cardine su cui poggia ogni democrazia, come anche l’incremento del numero di programmi di inchiesta giornalistica e il parere positivo di tutti gli organismi chiamati a monitorare e certificare il nostro operato. Una Rai che dà linfa e sostegno al cinema, alla fiction, all’intrattenimento e che merita di restare architrave della nostra identità e del nostro sistema economico».
È su queste impostazioni di base che proseguirà il dibattito sulle sfide future della Rai. (giornalistitalia.it)
Pino Nano
Il messaggio di Sergio Mattarella
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al presidente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, Barbara Floridia, il seguente messaggio:
«Rivolgo un saluto ai partecipanti all’iniziativa promossa dalla Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi nell’anno in cui ricorre il 70° anniversario della nascita della società Rai-Radiotelevisione italiana, che avviò, dal 3 gennaio del 1954, la sua attività di servizio pubblico.
Un’esperienza peculiare, ideata e voluta come servizio pubblico perché un medium così influente fosse al servizio della collettività, per arricchire la vita culturale della Repubblica, contribuendo alla identità democratica del Paese.
Una formula che, nel tempo, ha preso forma in molti paesi europei, sempre più numerosi, che si confrontano nell’European Broadcasting Union, la principale alleanza mondiale dei media del servizio pubblico.
Nella diversità delle singole esperienze nazionali, i media del servizio pubblico contribuiscono ad animare la vivacità del pluralismo, con l’autorevolezza che deriva dal proposito di essere riconosciuti dai cittadini come fonte ispirata da valori di indipendenza, autonomia, libertà e molteplicità di voci.
Principi che il nuovo Regolamento dell’Unione Europea per la libertà dei media intende tutelare anche nel cambio d’epoca determinato dalle trasformazioni tecnologiche, per far sì che i media dei servizi pubblici possano continuare a svolgere la loro missione nel nuovo contesto.
Mai nel passato la potenza della techne ha investito nei termini odierni l’intero sistema dell’informazione e la dimensione sociale e, dunque, democratica, di ogni cittadino.
In un tempo in cui la definizione del nostro orizzonte quotidiano passa attraverso algoritmi, per loro natura riduttivi della realtà a visioni conflittuali, il servizio pubblico di informazione ha il dovere di proporsi come strumento che ritrae e interpreta criticamente la complessità della realtà autentica, essenziale per percorsi di partecipazione democratica.
Il servizio pubblico vede rinnovata la straordinaria missione di essere riconosciuto fonte affidabile per i cittadini che con il pagamento del canone lo sostengono, permanendo intatta la sua responsabilità soltanto verso di loro, per essere cornice di libertà e spazio di inclusione, dove originalità, professionalità, innovazione, pluralismo e non spartizione, possano continuare a dispiegarsi senza abusi.
Auguro all’evento di costituire un’occasione di confronto non artificioso, nella manifestazione della coscienza piena del valore che l’informazione riveste nella democrazia declinata dalla nostra Costituzione». (giornalistitalia.it)