Nell’ultimo libro del giornalista la terza svolta a destra della Repubblica Italiana

Italo Bocchino spiega il capriccio della storia

Italo Bocchino

ROMA – Appena fresco di stampa l’ultimo libro di Italo Bocchino, direttore del quotidiano Il Secolo d’Italia. “Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra” (Solferino Editore, 256 pagine, 18 euro) il titolo del libro nel quale il giornalista ricorda che «è una costante della nostra storia politica: quando si tratta di elezioni decisive, l’Italia vira sempre a destra. È accaduto nel 1948 con la Democrazia Cristiana».
Sembra quasi uno slogan, ma non lo è. Senza perifrasi inutili o di circostanza, e senza giri di parole, Italo Bocchino racconta oggi in questo suo libro la storia della Repubblica Italiana, e lo fa naturalmente a suo modo ma in maniera assolutamente documentata.
«Nel 1948 – spiega – fu la vittoria di quella che allora era la destra popolare di massa. La Dc conquistò il 48,5% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi, mentre il Fronte Popolare si fermò intorno al 30%. Da una parte gli elettori avevano la Chiesa e dall’altra gli atei, da una parte gli Stati Uniti e dall’altra l’Unione Sovietica, da una parte la democrazia della libertà, dall’altra la sedicente democrazia delle nazioni dell’Est Europa guidate da Mosca. Quarantasei anni di governo, in varie salse di coalizione, hanno poi annacquato le radici di destra di questo trionfo».
Poi ancora nel 1994 con Silvio Berlusconi. Italo Bocchino non ha nessun dubbio di sorta: «La scelta era tra il nuovo frizzante di Berlusconi e l’aspetto stantio di Achille Occhetto. Da una parte c’erano il colore, gli eccessi, la speranza, le promesse, il mondo patinato del Cavaliere, con tanto di fuochi d’artificio a Villa Certosa; dall’altro la tristezza marrone dell’abito con cui Occhetto si presentò al confronto televisivo da Enrico Mentana. Berlusconi ricostruì la destra italiana intercettando, con Forza Italia, quella massa diffusa che non si riconosceva nella sinistra, e costruendo una coalizione con il Msi-Dn di Gianfranco Fini, presentato sotto il simbolo di Alleanza nazionale, e con la Lega Nord di Umberto Bossi.
Anche qui il saggio di Italo Bocchino spiega benissimo questa stagione della politica italiana partendo da un assunto che è questo: «La discesa in campo di Berlusconi – scrive il direttore editoriale de Il Secolo d’Italia – mandò ai pazzi la sinistra». E tutto questo fu possibile perché Berlusconi riuscì a fare breccia in un clima ostile, portando la maggioranza degli italiani dalla propria parte.

Silvio Berlusconi

«L’operazione – sottolinea Bocchino – fu possibile grazie a una vera e propria rottura del sistema, cosa che in quel momento soltanto Berlusconi poteva fare. Il sistema era forte, tentacolare, escludente, ma la forza di Berlusconi come uomo, la sua ricchezza, la potenza dei suoi media nazional-popolari gli permisero il miracolo».
E il tutto si ripete con Giorgia Meloni. Nel 2022, per la terza volta nella storia repubblicana, gli italiani sono stati chiamati a scegliere il loro destino.
«Gli sfidanti – scrive Italo Bocchino – erano di fatto Giorgia Meloni ed Enrico Letta. Posti di nuovo di fronte a un bivio, gli elettori hanno scelto ancora una volta la destra. È stato anche lo scontro tra popolo ed élite: da una parte la Meloni nazionalpopolare, dall’altra il Letta figlio della tecnocrazia, da una parte un’Italia fiera, tosta e a testa alta, dall’altra un’Italia appiattita, molle e incistata negli apparati sovranazionali.

Giorgia Meloni

Il popolo ha scelto sé stesso, votando Fratelli d’Italia e i partiti della coalizione di destra. Il successo elettorale di Fratelli d’Italia, che ottiene il 26% dei voti e l’ingresso di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, rappresenta l’ultima svolta di quello che lo stesso presidente del Consiglio aveva definito un «capriccio della storia».
Per la verità questo su Giorgia Meloni è uno dei passaggi forse più razionali del suo saggio, ma Italo Bocchino – chi lo conosce sa perfettamente bene che è esattamente questa la verità – quando è chiamato a fare il mestiere del cronista riesce anche a spogliarsi del suo abito ideologico di sempre ed essere equilibrato ed equidistante dal mondo che lo circonda: «Il Cavaliere, deciso a strappare con Giorgia Meloni, pensò di non far votare Forza Italia per Ignazio La Russa come presidente del Senato. Berlusconi non era più lui. Spinto da alcuni dei suoi ad attaccare la Meloni, lo fece in maniera scomposta, offrendo agli obiettivi dei fotografi appostati in tribuna stampa il foglio dove aveva elencato una serie di cattiverie contro la vincitrice delle elezioni».

Gli appunti di Berlusconi

Chi non se lo ricorda? Quelle immagini fecero davvero il giro del mondo per giorni e giorni, quanto bastò per riaccedere i riflettori della grande stampa internazionale su questa giovane leader della destra italiana che era Giorgia Meloni e che improvvisamente, suo malgrado, era entrata nel merito berlusconiano.
Italo Bocchino ricostruisce come Silvio Berlusconi avesse vergato di suo pugno gli appunti che aveva tra le mani e in cui si leggeva con chiarezza che «Giorgia Meloni aveva avuto un comportamento: 1) supponente, 2) prepotente, 3) arrogante, 4) offensivo, 5) ridicolo. Nessuna disponibilità ai cambiamenti. È una con cui non si può andare d’accordo».

Italo Bocchino

«Le parole scritte dal vecchio leone – spiega Italo Bocchino nella prefazione che fa al suo libro – rappresentavano il momento rabbioso della presa d’atto che lo scettro era passato di mano: la sua influenza era calata al punto da non riuscire a far nominare ministro Licia Ronzulli».
Dal canto suo, Giorgia Meloni chiuse la questione con sole otto parole: «Ha dimenticato di dire che non sono ricattabile». Così finiva l’era berlusconiana della destra, prima del lutto collettivo alla morte di questo simbolo di trent’anni di vita italiana.
Per il direttore de Il Secolo d’Italia, la vittoria di Giorgia Meloni ha un triplo valore storico: «Perché conferma che l’Italia, nei momenti decisivi, sceglie la destra; perché, per la prima volta in età repubblicana, diventa presidente del Consiglio un esponente di destra; e perché a diventarlo, per la prima volta in assoluto, è una donna».

Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni

“Io sono Giorgia”, leggendo le cose che Italo Bocchino scrive di Giorgia Meloni “Lei è una di noi”, mi torna in mente il libro autobiografico del Presidente del Consiglio e da cui già allora veniva fuori la sua anima e la sua formazione che oggi Italo Bocchino sintetizza così: «Come Berlusconi è insofferente al deep state, alla grande stampa, alle troppe mediazioni della politica e agli eccessi della magistratura, però, a differenza del Cavaliere, non va mai allo scontro frontale. Da Fini ha imparato che l’elettorato di destra non ama fughe in avanti e strappi ideologici: alla destra si parla da destra, secondo Meloni, senza volerla cambiare all’istante. Mentre Fini è stato un teorico del partito-guida, che vuole cambiare in meglio i suoi elettori, Meloni è teorica del partito-specchio: però con uno specchio bifronte, che consente a lei di essere come il suo elettorato e all’elettorato di essere come lei».

Gianfranco Fini e Italo Bocchino

Storia, quella di Giorgia Meloni, di una donna-leader che è partita dal modesto 1,9% del 2013 per arrivare al 26% nel giro di nove anni. «Il tutto – scrive Italo Bocchino da testimone oculare di questa stagione politica comune – all’insegna della coerenza, senza mai allearsi con la sinistra né occhieggiandole, senza mai distaccarsi dal ventre profondo del suo elettorato. Il superamento del berlusconismo poteva avvenire solo da destra: prima ci aveva provato Matteo Salvini, arrivando a un passo dal traguardo, poi ci è riuscita la Meloni».
Per il direttore de Il Secolo d’Italia la vera grande capacità di incarnare il popolo è il tratto che maggiormente fa di Giorgia Meloni l’erede della tradizione della destra di massa in Italia. «È stato così con la prima vittoria della Dc, capace di ottenere quasi 13 milioni di voti su 26 milioni di votanti; è stato così con la travolgente discesa in campo di Berlusconi.

Matteo Salvini

La sua leadership, come quella berlusconiana, nasce da una rottura degli schemi: il Cavaliere nel 1994 ruppe il giocattolo dell’alleanza tra la sinistra e la magistratura che gli aveva apparecchiato la vittoria, Giorgia Meloni nel 2022 ha rotto il sogno tecnocratico di fare dell’Italia un Paese governato dagli indici, senza il “sangue” e la “merda” che secondo il grande Rino Formica erano il succo della politica».
Dentro “Perché l’Italia è di destra. Contro le bugie della sinistra” c’è la storia vera della destra moderna in Italia, ma c’è anche la storia della sinistra, di quello che accade giorno per giorno in Parlamento, a partire dalla Schlein fino a Matteo Renzi e Carlo Calenda, ma c’è anche il respiro dei sogni, a volte impossibili, di chi crede nella forza della politica e di chi la insegue per passione: «Gli italiani vogliono eleggere l’uomo forte, Basta con l’accusa di fascismo, La destra è comunità e non familismo, La destra ha una classe dirigente, TeleMeloni non esiste, L’immigrazione buona per non far sparire l’Italia, La destra o è Europa o non è, È necessaria una nuova giustizia,

Italo Bocchino

Perché l’Italia è di destra, L’Italia ha il vento in poppa, Contro la dittatura del politicamente corretto».
Ma quali sono le caratteristiche di questa nuova destra? Davvero gli italiani vogliono l’uomo forte? E davvero alla sinistra servirebbe una Meloni?
Italo Bocchino, dalla prospettiva privilegiata del giornalista e intellettuale d’area, racconta le radici e il futuro della propria parte politica, fra analisi e gustosi retroscena. Sfata luoghi comuni come il familismo, il monopolio dell’informazione o l’incompetenza della classe dirigente e riflette in modo originale e provocatorio attorno ai grandi temi che la destra deve affrontare una volta per tutte nel XXI secolo. Dalla necessità dell’antifascismo al rinnovamento dell’Unione Europea, dalla questione demografica al premierato, Italo Bocchino conduce il lettore attraverso le pieghe più nascoste del sistema-destra e indica la strada del futuro.

Giorgia Meloni

Tesi e analisi che si possono condividere o anche non condividere, ma scritte con un linguaggio così moderno, così veloce, e così accattivante, che danno di Italo Bocchino, a chi soprattutto lo ricorda solo come protagonista di primissimo piano della destra italiana, l’immagine di un giornalista davvero bravo, completo, soprattutto sereno nella narrazione che oggi lui ci fa della storia del Paese. Quanto basta, forse, per comprendere meglio il senso della frase del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che alla manifestazione di presentazione ufficiale del volume disse: «Il libro di Bocchino sia letto nelle scuole per far capire come la sinistra ha raccontato bugie nelle scuole». Chi vivrà vedrà. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

CHI È ITALO BOCCHINO

Italo Bocchino

Nato a Napoli il 6 luglio 1967, dopo la laurea in giurisprudenza, si è dedicato dapprima al giornalismo e poi alla politica. Giornalista professionista iscritto all’Ordine del Lazio dal 11 marzo 1993, è stato portavoce del deputato pugliese Giuseppe Tatarella e giornalista nel quotidiano napoletano Roma edito dallo stesso Tatarella.
Nel 1994 è stato assunto dal Secolo d’Italia come cronista parlamentare. Ha fatto parte del gruppo di imprenditori che hanno editato il quotidiano L’Indipendente ed è stato editore del Roma.
Dal 2010 al 2013 è stato capogruppo di Futuro e Libertà per l’Italia (gruppo parlamentare nato a seguito della rottura dell’alleanza fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini), di cui dal 2011 al 2013 è stato vicepresidente.

Italo Bocchino

Ha avuto una lunga carriera come deputato per il Pdl (legislature XIII, XIV, XV, XIV), conclusasi con il voto di sfiducia al IV Governo Berlusconi (14 dicembre 2010). Alle elezioni politiche del 2013, sostenendo come candidato premier Mario Monti, è stato candidato di Fli al Senato all’interno della lista unica Con Monti per l’Italia, insieme all’Udc, e alla Camera dei Deputati con liste autonome in coalizione con la lista Scelta civica per Monti e l’Udc, ma non avendo ottenuto rappresentanza parlamentare (non è stato eletto neppure il capolista Gianfranco Fini), ha lasciato il partito.
Il 14 giugno 2014 diventa direttore editoriale del Secolo d’Italia, designato dalla Fondazione Alleanza Nazionale. Nel 2020 docente alla Luiss Business School, mentre il 7 luglio viene eletto vicepresidente della Federazione Italiana Editori Giornali (Fieg), sezione editori digitali. Nello stesso anno torna alla direzione editoriale del Secolo d’Italia. (giornalistitalia.it)

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