TUNISI (Tunisia) – Il pubblico ministero del Tribunale di Tunisi ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti del giornalista Mohamed Boughalleb, personaggio del mondo televisivo tunisino critico nei confronti del presidente Kais Saied. Da venerdì scorso è in stato di fermo. Lo ha riferito l’avvocato Hamadi Zaafrani, membro del suo collegio di difesa.
Zaafrani ha aggiunto in una dichiarazione all’agenzia Tap che la Procura ha deciso di deferirlo alla Camera penale per i reati di cui all’articolo 128 del codice penale e dell’articolo 86 della legge sulle comunicazioni.
L’articolo 128 del codice penale prevede che chiunque, in discorsi pubblici o mediante la stampa o qualsiasi altro mezzo, imputi ad un pubblico ufficiale o ad un funzionario pubblico illeciti attinenti al suo lavoro senza fornire prova della verità, è punito con due anni di reclusione e con la multa di 120 dinari.
L’articolo 86 del Codice delle telecomunicazioni prevede che chiunque deliberatamente insulti o disturbi altri attraverso reti pubbliche di telecomunicazioni è punito con la reclusione da uno a due anni e con la multa da 100 a 1.000 dinari.
Il difensore subito dopo l’arresto del giornalista aveva precisato che l’accusa mossa al suo cliente sarebbe stata quella di «aver insultato altri attraverso i social network». Secondo i media locali, la funzionaria lo accusa di aver «danneggiato il suo onore e la sua reputazione», nelle sue pubblicazioni sulla sua pagina Facebook così come nei suoi interventi sui media. La pagina Facebook di Boughalleb non è più attiva dal giorno dell’arresto.
«Questo caso non è altro che un nuovo tentativo di intimidire i giornalisti e di metterli a tacere sfruttando l’apparato statale», ha denunciato il presidente del Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini, Zied Dabbar.
Boughalleb è noto in Tunisia per le sue critiche alla classe politica e al presidente Saied. Secondo il sindacato sono una ventina i giornalisti perseguiti per il loro lavoro. I giornalisti tunisini denunciano spesso la politica “repressiva” del governo che, secondo loro, usa la giustizia per intimidire e sottomettere i media. (ansamed)