ROMA – Quando cade in prescrizione la richiesta di pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute di un giornalista? A questo controverso, ma importante, interrogativo, che interessa moltissimi colleghi, ha dato una risposta definitiva la Cassazione sgombrando il campo da qualsiasi altra equivoca interpretazione: i 10 anni non decorrono mai durante il rapporto di lavoro, ma esclusivamente dal momento in cui il giornalista può far valere questo diritto, cioè dalla data di cessazione del proprio rapporto di lavoro.
È una differenza sostanziale di cui possono quindi avvalersi tutti i giornalisti italiani lavoratori subordinati in attività di servizio.
Questi i fatti. Il giornalista pugliese Costantino Foschini, che aveva lavorato alle dipendenze della Rai spa fino al 6 marzo 2014, cioè fino al compimento del 65° anno di età, al momento della cessazione del rapporto di lavoro aveva maturato un gran numero di ferie non godute, nonché per “mancati riposi”, “giornate di lavoro prestate nei giorni festivi” e “mancato festivo/straordinario” per un totale di ben 621,50 giorni per i quali non aveva, però, ricevuto dall’azienda alcuna indennità sostitutiva.
Iniziava, così, una causa di lavoro davanti al Tribunale di Bari per ottenere la condanna della Rai spa al pagamento delle indennità a lui spettanti per queste “voci” del contratto nazionale di lavoro giornalistico Fieg-Fnsi.
In primo grado i giudici accoglievano la domanda dell’ex dipendente, condannando l’ente radiotelevisivo di Stato a pagargli la somma complessiva di poco più di 180 mila euro oltre ad accessori dal 6 marzo 2014 fino al soddisfo. Ma, su ricorso della Rai, la Corte d’Appello di Bari annullava in gran parte il verdetto di primo grado, riconoscendo appena 26,37 giornate di ferie non godute. Di conseguenza l’indennizzo dovuto dalla Rai veniva drasticamente ridotto a circa 8 mila euro oltre ad accessori e spese legali dei due procedimenti, in quanto, secondo la Corte: a) il giornalista non aveva compiutamente dimostrato il numero di giorni di ferie e dei mancati riposi non goduti; b) il termine di prescrizione è quello decennale e decorre dal danno, ossia dal mancato godimento dei giorni di ferie e di riposi, e quindi si computa anche durante il rapporto di lavoro.
Contro questa decisione il giornalista presentava, però, ricorso, lamentando, tra l’altro, che i giudici di appello baresi avevano erroneamente ritenuto che i diritti da lui rivendicati erano soggetti a prescrizione decennale, decorrente in costanza di rapporto di lavoro. E la sezione lavoro della Cassazione gli ha dato ragione in toto con ordinanza n. 21297 del 19 luglio 2023 (presidente Lucia Tria, relatore Francesco Paolo Panariello).
La Suprema Corte ha, infatti, affermato che: «il termine di prescrizione decennale si applica solo all’ordinaria azione risarcitoria che, nel corso del rapporto di lavoro, il dipendente può promuovere contro il proprio datore di lavoro per il fatto che non gli consenta di fruire delle (o di recuperare le) ferie, atteso il principio della loro non monetizzabilità durante il rapporto di lavoro (art. 10 decreto legislativo n. 66 del 2003). In tal caso effettivamente il termine decorre dal verificarsi del danno e, quindi, in costanza del rapporto di lavoro».
Viceversa in questo giudizio l’oggetto era del tutto diverso perché, come si legge nella motivazione redatta dal consigliere Francesco Paolo Panariello: «è rappresentato dall’indennità sostitutiva di ferie non godute, che può essere richiesta dal lavoratore solo alla cessazione del rapporto di lavoro, proprio in omaggio al suindicato principio di non monetizzabilità delle ferie durante il rapporto di lavoro».
«In relazione a tale diritto – concludono gli “ermellini” – di natura diversa dal danno risarcibile durante il rapporto di lavoro, il termine di prescrizione decorre secondo le regole generali dal momento in cui il diritto medesimo può essere fatto valere, ossia dalla cessazione del rapporto di lavoro. In questi medesimi termini è pure il precedente di questa Corte (Cassazione n. 11016/2017), che pertanto risulta erroneamente citato dalla Corte d’Appello di Bari per sostenere la propria decisione sulla predetta questione». E in base agli accertamenti in fatto compiuti dai giudici del lavoro pugliesi circa la data di cessazione del rapporto di lavoro e la data di notifica del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, tale termine non era ancora decorso. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Roesler Franz
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