ROMA – Da novembre 2022 direttore dell’Avanti della Domenica, Giada Fazzalari, prima donna nella storia del Partito Socialista Italiano ad assumere la guida del giornale di partito, ha aderito alla Figec Cisal, la Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, il nuovo sindacato unitario dei giornalisti e degli operatori dell’informazione e della comunicazione.
Calabrese di Taurianova, con tutte le meravigliose caratteristiche delle donne del Sud, temperamento forte, carattere “tosto”, la consapevolezza di essere una “prima della classe”, e poi un vissuto importante, che è fatto di pane e politica, di pane e giornalismo, di pane e senso dello Stato, di pane e famiglia, di pane e speranza. Ma questo lo si intuisce perfettamente bene dal modo come un anno fa, in occasione del lancio ufficiale della ripresa della testata, questa giovane donna del Sud spiegò alla stampa accreditata a quella manifestazione quella che sarebbe stata la sua mission prioritaria.
«Aver riportato in edicola l’Avanti della Domenica – spiega con il suo sorriso disarmante e magnetico Giada Fazzalari – è stata un’operazione editoriale coraggiosa, soprattutto in un momento storico in cui i giornali di carta stampata vivono purtroppo una profonda crisi. Ed anche un’operazione singolare perché il Psi è l’unico partito tornato in edicola con un giornale in forma cartacea. L’ambizione è creare dibattito con contributi di livello sui temi che ci stanno a cuore – a cominciare da lavoro e giustizia – e sensibilizzare l’opinione pubblica sull’Italia fragile. Insomma, uno strumento aperto di valorizzazione di una nuova classe dirigente di sinistra. Una voce libera».
Trentotto anni portati con fierezza, Giada Fazzalari è nata a Taurianova, viene da una storica famiglia di tradizione socialista e in paese c’è chi ricorda che non aveva ancora 15 anni quando entrò per la prima volta a far parte da militante della Sezione “Charlie Brown” della Sinistra Giovanile e questo andò avanti fino a quando, in dissenso con la linea del partito all’epoca della segreteria Veltroni, nel 2007, non ha rinnovato la tessera dell’ex Pds poi divenuto Pd. Da quel momento la sua voglia di “militanza” non verrà mai meno.
«L’Avanti! – scriveva un anno fa Giada sulle pagine de Il Riformista con il quale, per un anno, il settimanale è uscito in abbinamento – fu il luogo di incontro dei più grandi intellettuali che, per tutto il secolo scorso, hanno costruito il pensiero socialista, acceso ancora oggi con le nostre idee, in queste pagine che sempre noi, come atto di libertà e resistenza, teniamo vive, per rispondere al richiamo di uno dei padri della Repubblica e tra i più grandi direttori di questo giornale, Pietro Nenni: “Le idee camminano sulle gambe degli uomini”. L’Avanti! non è solo il nostro giornale. È un patrimonio dell’Italia civile e libera».
Manifestazioni, assemblee studentesche, scioperi di operai e braccianti della piana di Gioia Tauro, comizi incontri e riflessioni di ogni tipo sulle piazze dell’intera hinterland, fanno di lei un’attivista di primo piano, una donna – ci raccontano a Taurianova – che già allora aveva una capacità organizzativa da fare invidia ai vecchi del partito. Una vera e propria macchina da guerra.
Poi un giorno, nella sua vita, arriva il giornalismo, e la passione per la scrittura e per la comunicazione si fonde con la passione per la politica. Una miscela esplosiva, un’alchimia, che oggi evidentemente è servita a portala ai vertici del giornale del suo partito, uscito in edicola per la prima volta il 25 dicembre del 1896, «uno dei periodici culturali più interessanti di quel primo decennio del Novecento che coincise con l’età giolittiana e della sinistra costituzionale, un periodo storico di grandi conquiste economiche e sociali e che conobbe il primo autentico incremento del benessere collettivo».
«La storia dell’Avanti – ricorda Giada Fazzalari – coincide con la storia dell’Italia. La battaglia per la Repubblica e la Costituzione, l’opposizione intransigente ai totalitarismi, la difesa strenua dei diritti e delle libertà, del lavoro e dei lavoratori. L’Avanti! fu soppresso dai fascisti, che incendiarono archivi e redazione, ed uscì clandestinamente, come atto di coraggio e di Resistenza, per proseguire nelle sue battaglie di democrazia. E ancora, tra i protagonisti dell’alfabetizzazione agli albori del ‘900, testimone delle guerre mondiali, dell’uccisione dei martiri socialisti, poi della Liberazione, del tramonto del partito durante Mani Pulite, della ricostruzione. L’Avanti! è sempre stato lì, vivo. Dalla parte dei poveri, dei diseredati, degli ultimi della società. “Di qui si passa”, titolava il primo editoriale di Leonida Bissolati, il 25 dicembre del 1896, intendendo che non si può non fare i conti con la questione socialista e con le cause che essa difende. Un concetto attuale che oggi, 126 anni dopo, rappresenta ancora la nostra bussola e che noi ribadiamo con forza».
Dopo una lunga fase di silenzio, dunque, il 30 aprile del 2022, l’Avanti della domenica è tornato in edicola e la nomina di Giada Fazzalari alla guida del giornale, fortemente voluta dal segretario del Psi Enzo Maraio, è stata approvata all’unanimità dall’Assemblea del partito.
Laureata alla Sapienza, allieva di Ugo Intini, storico direttore dell’Avanti! con Bettino Craxi e al fianco di Pietro Nenni e Sandro Pertini, Giada Fazzalari diventa giornalista pubblicista iscritta all’Ordine della Calabria nel 2006 e poi giornalista professionista dal 2 aprile 2019. Ma nel suo curriculum figurano anche incarichi istituzionali importanti, come quello di portavoce e capo della segreteria del vice ministro dei Trasporti nei Governi Renzi e Gentiloni e nella Commissione Istruzione e Cultura del Senato. La classe non è acqua.
L’11 giugno del 2022 il mondo politico si interroga su di lei. Ma chi sarà mai questa Giada Fazzalari che all’ex presidente della Camera, Luciano Violante, fa dire cose che il giorno dopo finiranno sui giornali di tutta Italia?
L’intervista di Giada sul Riformista spacca il mondo giudiziario. Alla domanda «Da anni, e da più parti, si ripete l’urgenza di una riforma del sistema giustizia ma non se ne è mai fatto nulla. I Referendum possono essere utili?», Luciano Violante risponde con la sua fierezza antica: «Nessuno dei quesiti tocca i problemi di fondo dell’amministrazione della giustizia; questo tema merita ragionamenti radicali e profondi. La magistratura nel passato era mesa in pericolo dall’esterno, ora è messa in pericolo dall’interno. La vicenda Palamara e gli scandali connessi hanno fatto emergere una questione morale nella magistratura. C’è una cultura corporativa, che non tiene conto delle responsabilità proprie di una magistratura che fa parte della governance del Paese».
Non soddisfatta di questo la “guerrigliera calabra” insiste e Violante ci va a nozze: «È vero – le risponde – la politica e l’informazione hanno concesso ai magistrati questo potere. La politica ha ceduto progressivamente alla magistratura pezzi di sovranità e la magistratura se li è presi. L’informazione ha trasformato in show molte inchieste e in showmen molti magistrati».
Il 2023 è stato, invece, l’anno del suo primo vero libro, uscito a doppia firma, Giada Fazzalari e Riccardo Nencini, con un titolo che la dice lunga sulla tragedia nazionale della pandemia da Covid: “Storie segrete. Cronaca surreale di una quarantena” (Ponte Sisto editore, 142 pagine, 12 euro).
– Direttore, da sempre ti batti per il pluralismo delle opinioni: credi ancora in questa battaglia?
«Il pluralismo dell’informazione vive una crisi profondissima da ormai trent’anni. Ma è uno dei grandi pilastri che reggono la nostra democrazia. È importante difendere la libertà di informare, come però è fondamentale il diritto dei cittadini ad essere informati, perché questo consente loro di diventare parte attiva della vita pubblica del Paese e di fare quindi delle scelte pienamente consapevoli».
– Credi che la narrazione della politica sui grandi giornali sia quella giusta o vada invece “rivista”?
«Io credo che esistano piuttosto narrazioni corrette e altre scorrette. Una delle peggiori forme di “racconto” giornalistico è quella del sensazionalismo esasperato, quel tipo di informazione invasiva che insegue l’onda emotiva dell’opinione pubblica, senza andare in profondità. Un esempio tra tutti: il politico che ha ricevuto un avviso di garanzia diventa il mostro sbattuto in prima pagina (e poi spesso si rivela essere innocente) è la dimostrazione plastica di questo modo scorretto di fare informazione. Su questi presupposti è andato in frantumi un intero sistema democratico, nel passaggio tra prima e seconda Repubblica. Il risultato è inevitabilmente un calo della fiducia del pubblico nei media e in una certa deviazione del ruolo del giornalismo».
– Che ruolo può ancora avere il giornalismo al servizio di questo Paese?
«Un ruolo fondamentale, ma deve raccontare i fatti, senza superficialità o pressappochismo. Rispettando una sorta di etica della responsabilità».
– Quali sono i punti cardinali del tuo Piano Editoriale alla guida dell’Avanti?
«Le parole chiave del piano editoriale sulle quali lavoriamo senza sosta sono giustizia, libertà, merito. In Italia due milioni e mezzo di persone rinunciano a curarsi, la sanità è allo sbando, quasi sei milioni di italiani vivono in condizioni di povertà ed esclusione sociale. Una povertà che si eredita e che blocca quell’ascensore cui, invece, dovrebbe accedere chiunque abbia merito e talento, indipendentemente dalla condizione economica di partenza. Noi vogliamo dare voce agli ultimi, agli esclusi, a chi non ha voce. Sembra un fatto retorico, ma se ci pensa, chi è che si occupa delle persone deboli? È un esercito di persone invisibili, alla politica, ai media, alla società. È la missione dell’Avanti! da quasi 130 anni, noi la portiamo avanti».
– Che bilancio si può fare dopo due anni in edicola, dei quali l’ultimo in autonomia?
«Quando abbiamo riportato in vita l’Avanti! della domenica cartaceo, l’unico giornale di sinistra e di partito in edicola, ci eravamo dati una missione: essere punto di riferimento attorno al quale costruire un dibattito utile alla sinistra che attraversa una crisi terribile, di missione e politica. Così, i più autorevoli politologi, intellettuali, costituzionalisti, politici, opinionisti e giuristi del paese – da De Rita a Cassese, da Amato a Pasquino, a Prodi, per citarne solo alcuni – hanno trovato nel nostro giornale una tribuna per offrire un contributo di idee ad una società sempre più sfilacciata, in cui le istituzioni democratiche si sono indebolite, e c’è sempre più paura nel futuro. Era un’ambizione alta, il bilancio è positivo».
– Quante difficoltà, come donna giornalista, si incontrano in questo mestiere?
«Sono il primo direttore donna della storia dell’Avanti e non credo sia un merito (essere donna) ma è già qualcosa. Specialmente in un periodo storico in cui, da questo punto di vista, qualcosa si è mosso.
A Palazzo Chigi siede il primo premier donna della storia; c’è una segretaria al vertice del primo partito di opposizione e sempre più frequentemente le donne conquistano posizioni di vertice nelle istituzioni, nelle aziende e non solo. Non è però abbastanza. Credo di interpretare il sentimento di molte colleghe che fanno questo lavoro se dico che le difficoltà sono davvero moltissime. A cominciare dalla più ingiusta: quella di dover scegliere. E dunque rinunciare».
– Se lo chiedono in tanti. Come sei arrivata ai vertici di un giornale storico come l’Avanti? Tanto lavoro o anche tanto impegno politico?
«Sono cresciuta nelle sezioni di partito, iniziando da adolescente nella sinistra giovanile nel mio paese di origine, Taurianova in Calabria, e formandomi poi nel Psi, cui aderisco da tanti anni. Credo che l’impegno politico abbia ripagato gli sforzi e la militanza. La fiducia che il mio partito, a cominciare da quella del segretario Enzo Maraio, che ha voluto per primo questa mia nomina, è fonte di orgoglio per me. E poi, la politica e il giornalismo hanno una cosa in comune: sono esperienze di vita totalizzanti, da cui non si esce. Mai».
– Cosa rimane nella tua vita della tua terra natale?
«Tutto. Chi è cresciuto in Calabria continua ad avere un cordone ombelicale che non si spezza con il tempo. È un fatto naturale, direi inevitabile. Mi sento a casa solo quando metto piede in Calabria».
– Come arriva Giada Fazzalari al giornalismo?
«Il salto importante c’è stato anni fa dal mio paese natale al Psi, quando ho assunto l’incarico di portavoce e capo ufficio stampa, passando per esperienze nel Governo Renzi e Gentiloni, poi in parlamento e in varie commissioni. Ma il giornalismo è una presenza molto più antica. Non ricordo una vita senza la passione per il giornalismo. È una parte di me che considero naturale e che ha animato tutto il corso della mia vita».
– Se potessi tornare indietro rifaresti quello che hai fatto?
«Sì, convintamente, tranne perdere di vista un maestro del giornalismo italiano, Maurizio Costanzo, che mi ha insegnato tanto.
E piuttosto, se tornassi indietro, farei anche quello che non ho fatto».
– Direttore, che prezzo si paga per una carriera come la tua?
«Tanti piccoli prezzi. E non è finita, anzi».
– Ricordi la tua prima inchiesta importante?
«Sì, fu anche molto complicata e ne ho ricordi vividi. A Rosarno, in provincia di Reggio Calabria. Lì i migranti vivevano in condizioni disumane, dormivano in baracche senza luce e acqua, a volte in casali abbandonati, e conducevano una vita non degna di questo nome: percorrevano chilometri all’alba, al freddo, per raccogliere le arance e guadagnare 5 euro al giorno (se andava bene) dopo essersi spaccati la schiena tutto il giorno, curvi nei campi. Lavoro nero, sfruttamento, caporalato. Quell’inchiesta mi tolse il sonno per mesi. Considero quella esperienza come una di quelle che mi ha segnata di più».
– Hai avuto un maestro che oggi riconosci come tale?
«Quando andò in onda la prima edizione del Tg5 condotta da Enrico Mentana, il 13 gennaio 1992, ero ancora una bambina, pensai subito che non avrei potuto percorrere altra strada che non fosse quella del giornalismo. Da quando sono approdata al Psi, il mio maestro e punto di riferimento è Ugo Intini, con cui mi confronto quasi quotidianamente. Ugo ha diretto l’Avanti! con Craxi in momenti storici, difficilissimi, che hanno segnato la vita politica del Paese. Un giorno mi chiamò e mi disse: “Noi vecchi socialisti abbiamo un compito: dobbiamo trasmettere a voi giovani dirigenti quanto più possibile i valori del socialismo”. Capii che stavo avendo il privilegio di essere sua allieva».
– Che consigli daresti ad un giovane che sogna di fare la giornalista?
«Non tutti “sentono” quel ticchettìo della tastiera che anima le idee, la curiosità, il coraggio, il talento di un giornalista. Se lo si sente, è la strada giusta».
Per capire chi è realmente un giornalista non basta leggere la sua storia professionale – questo l’ho imparato in tanti anni di mestiere – ma è fondamentale leggere le cose che scrive, per come le scrive, e soprattutto per quello che riesce a dare nelle cose che scrive a chi sta dall’altra parte. E noi abbiamo fatto questa “prova del nove” anche con lei, andando a cercare le ultime cose scritte da Giada Fazzalari nella sua veste di direttore responsabile sul giornale che dirige, e abbiamo ritrovato in queste sue interviste di grande valore professionale il piglio e la passione di una donna che crede nella politica, che considera il pluralismo cosa sacra, che usa un linguaggio modernissimo per spiegare le sue ragioni. La cosa che più colpisce è questo “senso dello Stato e della giustizia” che trapela dalle sue analisi e dall’approccio ai personaggi che sceglie di raccontare.
Sotto questo profilo, una giornalista di grande peso politico, ma anche di grande impatto mediatico, una donna del sud che del Sud ormai probabilmente ha molto poco e che frequentando i salotti della politica militante ha imparato anche l’arte della mediazione e la serenità delle analisi. Impeccabile come professionista, attenta ai problemi più attuali e soprattutto profonda conoscitrice delle tematiche e delle agende di governo, nei giorni scorsi si è iscritta alla Figec Cisal.
– Fino a un anno fa il giornalismo aveva il sindacato unico. Ora c’è la FIGEC: ritieni tutto questo un valore aggiunto al dibattito in corso nel Paese?
«Non è solo un valore aggiunto, ma è davvero fondamentale, per la nostra professione, che le istanze e i diritti siano “difesi” e rappresentati da più parti. È la missione stessa di un sindacato come questo. Mi auguro che diventi il più rappresentativo possibile. Noi giornalisti abbiamo un grande bisogno di questo». (giornalistitalia.it)
Pino Nano