LOMÉ (Togo) – L’immediata e incondizionata scarcerazione dei giornalisti Loic Lawson e Anani Sossou, accusati di aver diffamato un ministro del Togo, è stata chiesta dal Comitato per la protezione dei giornalisti Cpj alle autorità con l’invito a riformare le leggi e i regolamenti del Paese per garantire che il giornalismo non venga criminalizzato.
Martedì scorso, infatti, un giudice istruttore del tribunale di Lomé ha accusato Lawson, direttore del giornale Le Flambeau des Démocrates, e Sossou, giornalista freelance, di aver diffuso notizie false e di aver attentato all’onore di un ministro. Sossou è anche accusato di incitamento alla rivolta.
Le accuse ai giornalisti, arrestati il giorno precedente, fanno seguito a una denuncia del ministro della Pianificazione urbana e della riforma agraria del Togo, Kodjo Sévon-Tépé Adédzé, sui post dei giornalisti sui social media in cui discutevano del presunto furto di denaro dalla casa di Adédzé: oltre 600 mila dollari in contanti.
Magloire Teko Kinvi, redattore capo di Le Flambeau des Démocrates, riferisce che il 15 novembre scorso le autorità hanno trasferito Lawson e Sossou nella prigione civile di Lomé.
«Le autorità del Togo devono rilasciare i giornalisti Loic Lawson e Anani Sossou, far cadere le accuse e consentire loro di riferire liberamente sugli eventi attuali», afferma Angela Quintal, coordinatrice del programma Africa del CPJ, denunciando che «l’arresto e il processo in corso contro Lawson e Sossou sono solo l’ultimo esempio degli atti intimidatori delle autorità togolesi per controllare la stampa locale».
I delitti contro l’onore sono puniti con la reclusione fino a sei mesi con la condizionale, mentre la diffusione di notizie false è punita con la reclusione fino a due anni. Secondo il codice penale togolese, l’incitamento alla rivolta è punibile con la reclusione fino a cinque anni.
Raggiunto dal CPJ, Adédzé ha rifiutato di commentare il motivo per cui aveva sporto denuncia contro i giornalisti e ha affermato che le domande dovrebbero essere rivolte all’autorità giudiziaria. Ha aggiunto che tutti i “paesi sviluppati” hanno leggi che regolano la stampa. Il pubblico ministero togolese Mawama Talaka ha, invece, detto al CPJ di non poter commentare il caso perché davanti al giudice istruttore.
Anche un altro giornalista togolese, Ferdinand Ayité, è stato perseguito dalle autorità togolesi a seguito di una denuncia presentata da Adédzé e da un altro ministro. Lui e il suo collega Isidore Kouwonou sono fuggiti in esilio a marzo, pochi giorni prima che un tribunale togolese li condannasse entrambi a tre anni di prigione.
Ayité, negli Stati Uniti dove oggi ha per ricevuto il Premio Internazionale per la Libertà di Stampa 2023 del CPJ per il coraggio nel giornalismo, ha invitato il Togo a riformare le sue leggi per impedire che la stampa venga perseguita per aver riportato sui social media dopo che Lawson e Sossou sono stati accusati.
«Il Togo – denuncia Ayté – ha più che mai bisogno di riformare le sue leggi che criminalizzano i giornalisti che utilizzano i social network. Il codice della stampa prevede, infatti, che i reati che coinvolgono i giornalisti devono essere gestiti dall’autorità di regolamentazione delle comunicazioni, ma prevede delle eccezioni affinché i giornalisti siano perseguiti ai sensi del codice penale».
L’articolo 156 del codice della stampa, ad esempio, sancisce che i giornalisti che “hanno utilizzato i social network come mezzo di comunicazione” per commettere tali reati sono, invece, “puniti secondo le norme del diritto comune”. (giornalistitalia.it)