ROMA – «Il Consiglio Generale dell’Inpgi ha bocciato, il 15 giugno scorso, la proposta di modifica dello Statuto dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani, presentata dalla presidente Marina Macelloni che, paradossalmente, potrebbe approvarselo da sola. E potrebbe farlo se venisse approvato un articolo della Legge Finanziaria che, secondo fonti bene informate, sarebbe di provenienza del Mef, il Ministero dell’Economia e delle Finanze (vigilante sull’istituto assieme al Ministero del Lavoro) guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti, che ha tra i sottosegretari Federico Freni, dal 2014 al 2021 avvocato dell’Inpgi e affittuario di un appartamento ai Parioli dallo stesso successivamente acquistato». Lo affermano Carlo Parisi e Lorenzo Del Boca, rispettivamente segretario generale e presidente della Figec, Federazione Italiana Giornalismo Editoria Comunicazione, federata alla Cisal, la Confederazione Italiana Sindacati Autonomi Lavoratori.
Il comma 2 dell’art. 58-bis del “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” denominato “Disposizioni in materia di enti di previdenza di diritto privato” prevede, infatti, che «All’art. 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234, dopo il comma 116, è inserito i seguente comma 116 bis: “Decorso inutilmente il termine del 31 gennaio 2023 di cui al comma precedente, i Ministeri vigilanti nominano un commissario ad acta, individuato nella persona del Presidente dell’Ente. Il Commissario, entro tre mesi, adotta le modifiche statutarie previste dalla legge e le sottopone all’approvazione ministeriale di cui all’art. 3, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509”».
«Una forzatura grave e assurda, – denunciano Parisi e Del Boca – considerato che le modifiche allo Statuto richiedono la presenza di due terzi dei componenti del Consiglio Generale e il voto favorevole dei tre quarti dei presenti. Con in aula 58 consiglieri generali, il quorum necessario per approvare il nuovo testo richiedeva la maggioranza qualificata di 44 voti, ma alla fine i Sì sono stati appena 39 contro i 19 No espressi dalle opposizioni di Sos Inpgi per il futuro e Stampa Libera e Indipendente. Modifiche allo Statuto, è bene ricordare, presentate dalla Macelloni a nome della maggioranza che, nonostante il passaggio della Gestione principale all’Inps, il 1° luglio scorso, nel nuovo Inpgi, destinato esclusivamente ai lavoratori autonomi, vorrebbe blindare il legame e, di conseguenza, il flusso di contributi elargiti alla Federazione Nazionale della Stampa e alle Associazioni Regionali istituzionalizzando le sedi degli “uffici di corrispondenza”».
Segretario generale e presidente della Figec ricordano che «sullo Statuto, che da sempre prevede che “il funzionamento degli uffici di corrispondenza è di norma assicurato mediante convenzioni con le associazioni regionali di stampa federate nella Fnsi e con la stessa Federazione Nazionale della Stampa Italiana”, in Consiglio Generale la maggioranza aveva tentato il colpo di mano cancellando l’eventualità (“di norma”) per istituzionalizzare, appunto, in esclusiva gli uffici locali dell’Inpgi nelle sedi regionali della Fnsi con il “coordinamento” di un sindacato che, ricordiamo, dal 28 luglio scorso non è più unico, considerato che è nata la Figec, Federazione Italiana Giornalismo Comunicazione, federata alla Cisal, con sedi, Caf e Patronati in tutte le province italiane».
«Caf e Patronati – evidenziano Parisi e Del Boca – che si occupano sia dei giornalisti dipendenti che di quelli autonomi, contrariamente agli Uffici di Corrispondenza ospitati dalle Associazioni Regionali di Stampa che dal 1° luglio scorso non hanno più, come la stessa sede centrale dell’Inpgi, alcun accesso alle posizioni previdenziali della Gestione Principale Inpgi, dovendosi occupare solo di lavoro autonomo. E nel nuovo Inpgi, così come avviene già in tutte le altre 19 casse privatizzate, è ovviamente esclusa la presenza delle parti sociali (Fnsi e Fieg) che, nonostante ciò, continuano ad essere attualmente presenti in Consiglio Generale e Consiglio di amministrazione».
Dunque, l’appello della Figec Cisal al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al Governo è quello di «prevedere giustamente l’eventualità della nomina di un commissario ad acta, nel caso in cui il Consiglio Generale non riuscisse ad approvare il nuovo statuto entro il termine fissato dal Parlamento, ma non certo nella persona di Marina Macelloni, stimata collega, eletta tra l’altro dai giornalisti dipendenti, ma dichiaratamente di parte perché autrice e strenua sostenitrice dell’introduzione, per la prima volta nella storia dell’Inpgi, della norma finalizzata a favorire economicamente un’associazione sindacale privata, non più unica nella categoria dei giornalisti, che conta circa 15mila iscritti rispetto agli oltre 46mila iscritti al nuovo Inpgi».
«Il Governo – concludono Carlo Parisi e Lorenzo del Boca – dovrebbe, insomma, nominare una figura terza, che sia garante del rispetto delle leggi e della terzietà dell’Inpgi e non esponga l’istituto a ricorsi sicuri e fondati in sede di giustizia amministrativa». (figec.it)