CAGLIARI – C’è un’emergenza, in questi giorni, in Sardegna la cui eco sta diventando nazionale: rischiano la chiusura le 8 comunità terapeutiche regionali che fanno capo al Coordinamento Ceas, composto da Associazione Mondo X, Associazione L’Aquilone, Comunità La Crucca, Casa Emmaus società cooperativa sociale, Associazione Madonna del Rosario, Associazione Arcobaleno, Centro di accoglienza Don Vito Sguotti Odv e Dianova cooperativa sociale.
Fondato nel 1993 il Coordinamento, con centinaia di dipendenti, in tutti questi anni ha accolto e curato oltre 30mila ospiti. Ma adesso, strette tra i costi delle misure anti-Covid e del caro energia, con le rette ferme al 2012, queste comunità hanno i mesi contati, “5 forse 8 al massimo”, ha spiegato al Sir la coordinatrice del Ceas, Giovanna Grillo, che è anche rappresentante della Fict, la Federazione italiana comunità terapeutiche.
Nelle settimane scorse il Ceas aveva fatto pubblicare, a pagamento, su un quotidiano sardo, un vero e proprio atto di accusa alla Regione Sardegna, rea di non ascoltare la richiesta di adeguamento delle rette che, aggiunge Grillo, «sono insufficienti a coprire le ore di lavoro del personale obbligatorio che dobbiamo impiegare: ce lo impone la legge, se vogliamo avere l’accreditamento regionale. Quello che stiamo chiedendo da tempo, almeno da 4 anni ormai, è l’adeguamento delle rette e in tempi più recenti il rimborso delle spese da noi sostenute durante il Covid per applicare le misure obbligatorie per legge che chiedevano dispositivi come mascherine, camici, tamponi e l’allestimento di luoghi di isolamento. La Regione Sardegna non ha erogato nessun contributo. Altre Regioni come Veneto, Marche, Lombardia sono invece intervenute con delle risorse straordinarie. Ad oggi – rimarca Grillo – non abbiamo notizie ufficiali. “Voci di corridoio” parlano del tentativo di trovare una soluzione, ma i tempi non si conoscono. Non sappiamo se verranno adeguate le rette e se ci verranno dati i giusti risarcimenti per le spese sostenute per i dispositivi anti Covid. Noi chiediamo un aumento del 35% sia delle rette che del budget. Sarebbe inutile, infatti, aumentare le tariffe lasciando il budget inalterato. Questo coinciderebbe con la diminuzione dei servizi e di conseguenza anche del numero dei pazienti. Se dovesse permanere questa situazione, le nostre 8 comunità, le uniche in tutta la Sardegna, non arriveranno alla prossima primavera. Due comunità con cui collaboravamo da anni hanno già chiuso i battenti. Le ricadute occupazionali, inoltre, saranno notevoli per un territorio che presenta già forti criticità sul piano lavorativo. La chiusura toglierà una risorsa enorme alla nostra Regione. Ma ciò che è più grave è che è in ballo la vita di tante persone affette da varie dipendenze».
Al Ceas – riporta il Sir – è arrivata la solidarietà anche di padre Salvatore Morittu, fondatore dell’associazione Mondo X-Sardegna, che rimarca che il rischio chiusura delle strutture accreditate, come sono quelle del Ceas, «metterebbe a repentaglio la salute di tanti pazienti che a quel punto non avrebbero più strutture dove curarsi».
«Attendiamo delle risposte alla nostra richiesta che – precisa Grillo – non è diretta ad una sola parte politica ma a tutte, senza distinzioni». (giornalistitalia.it)
LA DENUNCIA DEL CEAS SULLA STAMPA SARDA