CATANZARO – I giorni drammatici dei moti per Reggio capoluogo scoppiati nel luglio 1970; il discorso pronunciato in parlamento, nell’ottobre dello stesso anno, dal presidente del Consiglio Emilio Colombo per annunciare un pacchetto di investimenti finalizzati all’industrializzazione della Calabria che avrebbe dovuto garantire migliaia di posti di lavoro nella regione;
il lungo dibattito sulla fattibilità del V centro siderurgico nazionale a Gioia Tauro trascinatosi per un ventennio e finito con un nulla di fatto; la beffarda inaugurazione dei lavori del porto al servizio dell’acciaieria da parte del presidente del Consiglio Giulio Andreotti.
E ancora, la marcia dei 30.000 calabresi a Roma per il mantenimento degli impegni assunti dallo Stato; la costruzione di due enormi complessi industriali a Lamezia Terme e Saline Joniche mai entrati in esercizio; il crollo degli imperi di Nino Rovelli e Raffaele Ursini a cui le due fabbriche fantasma facevano capo; gli investimenti promessi per l’industria tessile realizzati solo in parte nel Cosentino e l’acciaieria fantasma di Corigliano-Schiavonea.
Sono i capitoli principali del nuovo libro del giornalista Alessandro De Virgilio, “Pacchetto Colombo-Gioia Tauro, Lamezia Terme, Saline Joniche: la truffa dell’industrializzazione fantasma in Calabria” (Rubbettino, 150 pagine, 15 euro). L’autore, responsabile della redazione calabrese dell’agenzia di stampa Agi, ripercorre le tappe dell’illusione industriale generata dagli impegni assunti dal governo Colombo. L’esecutivo approvò un elenco di iniziative che si rivelò un disastro. Esso comprendeva un centro siderurgico a Gioia Tauro che avrebbe dovuto impegnare 7.500 tute blu, stabilimenti della Liquichimica a Saline Joniche e della Sir a Lamezia Terme – per un’occupazione di 900 e 1.200 persone – al costo di decine di miliardi di lire.
Il primo non fu mai realizzato nonostante la costruzione del più grande porto del Mediterraneo progettato al suo servizio; Sir e Liquichimica impegnarono cospicui investimenti statali in complessi industriali che non aprirono mai i cancelli, per poi crollare sotto il peso dei loro debiti e, nel caso della Liquichimica, anche per la mancata omologazione delle bioproteine che avrebbero dovuto essere prodotte nella fabbrica. Una vera e propria truffa di stato ai danni della Calabria.
Il pacchetto, che in realtà, come l’autore documenta, era già sulla carta prima del ’70 ed era destinato all’industrializzazione di tutto il Sud Italia, prese il nome di Colombo. Nel volume sono delineate le figure dei principali protagonisti: dallo stesso Colombo a Nino Rovelli, detto il “Clark Gable della Brianza” per la sua somiglianza con l’attore americano, e Raffaele Vittorio Ursini, calabrese d’origine affermatosi nel Nord Italia.
I due imprenditori, proprietari, rispettivamente, di Sir e Liquichimica, due dei gruppi petrolchimici privati più importanti del Paese, furono accomunati da repentine ascese nel mondo della finanza italiana e da altrettanto rapidi disfacimenti dei loro imperi.
De Virgilio, con il linguaggio e il metodo del giornalista, racconta la genesi del piano, le manovre dei politici di di altre regioni – dalla Sicilia alla Campania – volte ad assicurarsi il centro siderurgico, i duelli verbali fra Giacomo Mancini, sostenitore del polo dell’acciaio, e Carlo Donat Cattin, contrario alla sua costruzione, le vicende giudiziarie che portarono al crack di Sir e Liquichimica. Una storia che ha alimentato, secondo l’autore, molti pregiudizi sulla Calabria e il Mezzogiorno, ma che in realtà rappresenta un fallimento nazionale. (giornalistitalia.it)