PALERMO – Con le sue fotografie ha raccontato oltre cinquanta anni di storia della Sicilia, e non solo. Ha documentato non solo fatti di mafia, ma anche personaggi famosi, in visita nell’isola o concerti di musica e episodi di riscatto sociale. Lascia un archivio per analizzare in controluce le vicende che hanno caratterizzato fatti e misfatti del sud Italia. È morto a Palermo, Gigi Petyx, 84 anni, fotoreporter di razza che iniziò a lavorare appena quattordicenne.
Tra i suoi reportage più significativi quello degli emigranti che andavano al Nord con il treno del sole, i processi ai boss, il terremoto del Belice, le marce e i digiuni di Danilo Dolci, il disastro aereo di Montagnalonga. E ancora il ritratto di Ninetta Bagarella, moglie di Totò Riina, l’arresto di Luciano Liggio, l’omicidio del procuratore Pietro Scaglione, la rivolta dei detenuti nel carcere di Trapani. Memorabili poi le foto del dietro le quinte delle riprese del film Il Gattopardo, con Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale e lo storico festival di musica folk, rock e jazz tenutosi a Palermo Pop dal 1970 al 1972, con Aretha Franklin, Duke Ellington, Kenny Clarke, Tony Scott, Brian Auger, Johnny Hallyday.
Le sue istantanee sono state pubblicate sul quotidiano L’Ora e successivamente sul Giornale di Sicilia e anche su tanti settimanali nazionali. Gigi si muoveva con la macchina fotografica, senza essere invadente e, come se fosse invisibile, riusciva a cogliere immagini che rimanevano impresse nella mente più di tante parole.
Dacia Maraini nel libro “Palermo Petyx” di Laura Grimaldi e Claudia Mirto definisce il reporter «testimone apparentemente imparziale di un’isola, a partire dal boom economico, che cambia e si volgarizza. Ma per quante anonime dietro quelle carte lucide, si nasconde un pensiero che spesso è critico anche se in maniera non esplicita».
«Cominciai a fare il free lance negli anni Settanta – ricordava Gigi, carezzandosi i suoi baffi biondi, in una sua intervista – a girare per la città in lungo e largo per documentare il cambiamento. Migliaia di scatti da proporre ai responsabili del quotidiano che stava mutando nei metodi di composizione, stampa e contenuti. Più spazio alla cronaca bianca, ai giovani, all’arte, alla moda alla natura».
«Iniziai la mia gavetta coi calzoni corti, prima in uno studio fotografico, occupandomi di matrimoni, battesimi e ritratti di famiglie in posa, poi approdai all’atelier di Giusto Scafidi, ini via Ruggero Settimo», aggiungeva.
Tra i tanti episodi vissuti Petyx rammenta quella volta che Tommaso Buscetta nel novembre 1973 al processo di Catanzaro gli chiese un favore: «Mi devi stampare un paio delle foto che mi hai fatto perché le voglio mandare in America a mia figlia. Non voglio che si dimentichi di me», gli chiese.
«La passione e l’amore per questo mestiere di fotografo li devo a mio padre da cui ho imparato tanto fin da ragazzo quando lo accompagnavo in lungo e largo», dice il figlio Igor che adesso collabora con varie testate giornalistiche.
«Per oltre mezzo secolo Petyx ha raccontato puntualmente la storia di Palermo. Dagli anni più bui, segnati dalle stragi di mafia, alle emergenze della nostra città. Per i fotoreporter e i cronisti è stato un grande esempio, grazie alla sua immensa generosità», afferma, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla. «Un professionista – aggiunge – sempre pronto a dispensare consigli ai giovani che si avvicinavano al mestiere di giornalista. I suoi scatti sono una ricca e indelebile eredità lasciata alla città». (ansa)