CITTÀ DEL VATICANO – Papa Francesco eleva agli onori degli altari il coraggio della verità: Padre Titus Brandsma è santo e per i giornalisti è un giorno di festa e di speranza. Lo ha proclamato oggi, in una piazza San Pietro nuovamente gremita di fedeli, tra cui il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, accorsi ad assistere alla canonizzazione di dieci beati.
Oltre Titus Bransma, infatti, sono stati proclamati santi anche Luigi Maria Palazzolo, sacerdote, fondatore dell’Istituto delle Suore delle Poverelle-Istituto Palazzolo; Giustino Maria Russolillo, sacerdote, fondatore della Società delle Divine Vocazioni e della Congregazione delle Suore delle Divine Vocazioni; Maria Francesca di Gesù (al secolo Anna Maria) Rubatto, fondatrice della Suore Terziarie Cappuccine di Loano; Maria Domenica Mantovani, cofondatrice e prima superiora generale dell’Istituto delle Piccole Suore della Sacra Famiglia; Maria Gesù (al secolo Carolina) Santocanale, fondatrice delle Suore Cappuccine dell’Immacolata di Lourdes, Lazzaro Devasahayam Pillai, César de Bus, Marie Rivier e Charles de Foucauld.
Ucciso in un campo di sterminio a Dachau il 26 luglio 1942, Padre Tito Brandsma era giornalista e assistente ecclesiastico dei giornalisti cattolici olandesi che operavano in 25 quotidiani e numerosi periodici.
Padre Fernando Millán Romeral, biografo e vice postulatore della causa, lo ricorda infatti come «apostolo di pace in un’Europa violenta», sottolineando che «la guerra non è inevitabile e, per questo, il dialogo deve proseguire fino all’estremo, salvaguardando comunque i principi fondamentali».
«Giornalista di professione e vocazione, innamorato di questo mestiere», ricorda padre Romeral nel suo libro “Il coraggio della verità”, «aveva una visione molto etica della stampa: al servizio della verità, non aggressiva ma propositiva, che dica la verità con serenità». Visione che ha sposato in pieno e messo in pratica nel coraggioso confronto con il governo nazista al quale, in nome della verità, oppose i fermi “no” che decretarono la sua morte. Senza mai rinunciare alla verità».
La verità, o meglio veracità, che come ci ricorda la Treccani è «conformità o coerenza a principi dati o a una realtà obiettiva» e, soprattutto, «virtù speciale che s’oppone alla menzogna, alla iattanza, alla dissimulazione e all’ipocrisia». E chi fa il giornalista non dovrebbe mai dimenticarlo. Mai. (giornalistitalia.it)
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