CITTÀ DEL VATICANO – «Non ho fatto quell’accusa. Quello che volevo fare era sottolineare le tentazioni a cui un giornalista può essere esposto. Allo stesso modo, segnalo le tentazioni a cui possono essere esposti sacerdoti, vescovi e persino papi! (ride). Parlo sempre di giornalismo come di una “nobile professione” e l’ho detto a questo giornalista. Se pensassi che tutti i giornalisti praticano la coprofilia, oggi non saresti seduto con me».
Così Papa Francesco, in un’intervista al quotidiano argentino La Nacion, risponde a una domanda sul perché avrebbe scritto a un comunicatore, il giornalista argentino Gustavo Sylvestre, che ai giornalisti piace la “coprofilia”.
«Ripeto: non ho mai fatto una tale accusa – ribadisce il Pontefice – contro tutto il giornalismo. Ho solo segnalato le possibili tentazioni. In realtà, la prima volta che ho parlato della tentazione della “coprofilia” nel giornalismo è stato 20 anni fa ad una cena ad Adepa. Mi sembra, comunque, che delle quattro tentazioni che segnalo per il giornalismo (disinformazione, calunnia, diffamazione e coprofilia) la più grave non sia la coprofilia, ma la disinformazione. Il giornalismo è una professione nobile quando svolge la sua missione di informare. La disinformazione è la faccia opposta dell’informazione».
E alla domanda se ha autorizzato la pubblicazione di quella lettera, il Papa risponde: «in nessun modo. Il giornalista mi ha chiesto se poteva renderla pubblica e io ho risposto che era meglio che non si sapesse “per non gettare cherosene sul fuoco”. Non voglio che ci siano dubbi. Stavo solo indicando le tentazioni a cui possono essere esposti alcuni giornalisti. Non è mai stato un atto d’accusa contro tutto il giornalismo». (ansa)