LEOPOLI (Ucraina) – È forse la guerra più mediatizzata della storia, anche per l’enorme quantità di immagini e informazioni fornite da testimoni diretti, spesso civili. Ma attualmente in Ucraina lavorano, oltre a innumerevoli reporter locali, anche 2.000 giornalisti stranieri delle testate di mezzo mondo, diventati “bersagli” militari. Reporters Sans Frontières interviene con una missione di “sostegno e solidarietà”, ma anche di “protezione e formazione”.
«Siamo qui per dimostrare la nostra solidarietà all’Ucraina, ma anche per sostenere il lavoro dei giornalisti che purtroppo vengono presi di mira», come dimostrano i recenti attacchi a troupe televisive come SkyNews o Al Arabiya, spiega Christophe Deloire, segretario generale di Rsf, inaugurando con una conferenza stampa il Press Freedom Center di Leopoli.
«Ci sono decine di richieste di giubbotti antiproiettile ed elmetti, una domanda enorme. Finora ne abbiamo consegnati 30, la prossima settimana saranno 60 e quella successiva, se tutto va bene, altri 100», precisa Deloire, mostrandone alcuni sul tavolo e lanciando un appello alle autorità europee e ucraine a facilitare l’importazione di questi strumenti “salvavita”, per lo più frutto di donazioni di redazioni straniere.
Deloire ricorda, inoltre, come la Russia debba rispettare la risoluzione Onu 2222 sulla “protezione dei giornalisti nei teatri di guerra” e che, come membro permanente del Consiglio di sicurezza, «ha una speciale responsabilità». «Distruggere una torre Tv, ad esempio, è un crimine di guerra, perché ha evidenti scopi civili», sottolinea.
Ma il rischio non sono solo i missili di Putin. In pochi giorni Evgeniy Maloletka, noto fotoreporter ucraino, ha visto morire il piccolo Kirill tra le braccia dei suoi genitori e bombardare la maternità di Mariupol. Dopo questi ultimi scatti, oggetto di teorie del complotto e della disinformazione russa, è stato minacciato di morte sui social.
Rsf fornirà, tra le altre cose, anche una formazione specifica sui rischi psicologici a lungo termine di chi è testimone di atrocità a rischio della propria vita. (ansa)