ROMA – I provvedimenti disciplinari nei confronti degli iscritti agli Albi professionali sono pubblici, e non segreti. Ma su 20 Ordini regionali dei giornalisti solo 2 (Toscana ed Umbria) rispettano alla lettera la cosiddetta legge Severino di 10 anni fa. È necessario rimettere mano al più presto a questi archivi elettronici incompleti, riaggiornandoli ed amalgamandoli in modo omogeneo, ma soprattutto applicando la normativa in vigore e la Costituzione.
La comparazione dei dati relativi all’iscrizione dei giornalisti professionisti, pubblicisti, praticanti, pubblicisti praticanti, pubblicisti provvisori, iscritti nell’elenco stranieri e nell’elenco speciale, ha dato risultati sorprendenti.
Ben 18 Ordini sui 20 esistenti hanno ignorato l’esistenza dell’art. 3, 1° comma, del Decreto del Presidente della Repubblica 7 agosto 2012 n. 137 (Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali, a norma dell’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011 n. 148, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 189 del 14 agosto 2012), in vigore dal 15 agosto 2012, intitolato “Albo unico nazionale”, che testualmente prevede: «1. Gli albi territoriali relativi alle singole professioni regolamentate, tenuti dai rispettivi consigli dell’ordine o del collegio territoriale, sono pubblici e recano l’anagrafe di tutti gli iscritti, con l’annotazione dei provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti. 2. L’insieme degli albi territoriali di ogni professione forma l’albo unico nazionale degli iscritti, tenuto dal consiglio nazionale competente. I consigli territoriali forniscono senza indugio per via telematica ai consigli nazionali tutte le informazioni rilevanti ai fini dell’aggiornamento dell’albo unico nazionale».
Tranne la Toscana e l’Umbria, quindi, non vi è oggi alcuna pubblicità delle sanzioni adottate dai Consigli di disciplina regionali dell’Ordine dei Giornalisti nei confronti dei propri iscritti ai quali sono stati inflitti l’avvertimento, la censura, la sospensione a tempo o la radiazione, cioè la cancellazione definitiva dall’Albo stesso, per aver trasgredito le regole deontologiche. Questi dati dovevano essere resi noti a tutti sin dall’agosto 2012 e comunque prima dell’ultima tornata elettorale dell’autunno scorso in vista del rinnovo dei vertici degli Ordini regionali e di quello nazionale, mentre sono rimasti di fatto irregolarmente secretati ed oscurati in violazione di legge. C’è persino un “buco” anche nella parte riservata agli iscritti nel sito del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, dove mancano non solo le notizie delle eventuali sanzioni disciplinari inflitte ai giornalisti, ma anche i loro indirizzi di posta elettronica certificata – PEC – ormai obbligatori per legge dal 15 settembre 2020 e che sono presenti, invece, nei siti di due Ordini (Abruzzo e Veneto). È questa un’indicazione ritenuta utilissima che può facilitare i rapporti di lavoro perché consente di mettere in contatto molti colleghi con potenziali clienti.
Peraltro vi è un’altra anomalia perché, stranamente, figura ancora l’indicazione online che «tutte le irregolarità dovranno essere segnalate ai rispettivi Ordini regionali, che provvederanno a correggere le anagrafiche presenti sulla piattaforma S.I.Ge.F.». Non si ricorda, però, che dal 10 gennaio scorso la nuova piattaforma per la Fpc www.formazionegiornalisti.it ha ormai sostituito la S.I.Ge.F.!
Per quanto riguarda altre due questioni molto delicate, cioè l’indicazione del proprio codice fiscale e il luogo di nascita degli iscritti, si registra una profonda spaccatura tra i vari Ordini regionali. Infatti, molti giornalisti lamentano la diffusione di questi dati sensibili e ne chiedono l’oscuramento perché aggiungendo il luogo di nascita al proprio nome e cognome e alla data di nascita sarebbe facilmente ricostruibile attraverso appositi siti online il codice fiscale che dovrebbe restare, invece, riservato per motivi di privacy.
Ebbene soltanto 9 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Piemonte, Sardegna e Sicilia) non hanno indicato nell’Albo il luogo di nascita, mentre le restanti 11 regioni lo hanno reso noto. Puglia e Veneto sono, comunque, le uniche due regioni che hanno messo in piazza il codice fiscale di ciascun giornalista iscritto. Ma si può davvero rendere pubblico il codice fiscale di migliaia di giornalisti? Il Garante della Privacy non avrebbe forse nulla da rilevare?
Non mancano, infine, delle curiosità: il Trentino-Alto Adige ha inserito on line una colonnina in più per indicare l’eventuale pubblicazione su cui scrive un giornalista iscritto, l’Abruzzo (che ha uno dei software più completi) e il Lazio hanno, invece, comunicato la possibile diversità di date tra l’iscrizione di un giornalista all’Albo dei pubblicisti e a quello dei professionisti. Dal canto suo la Liguria tiene due indici, uno alfabetico con il cognome e il nome di ogni iscritto ed uno cronologico seguendo la propria data d’iscrizione.
A loro volta le Marche indicano il Comune di residenza dell’iscritto, la Puglia, oltre all’inserimento del Codice di avviamento postale, precisa anche se un professionista è già pensionato, mentre la Calabria, la Campania e la Sicilia non hanno un proprio Albo online e si limitano a rimandare il lettore al sito iscritti dell’Ordine nazionale. Infine l’Umbria segnala di aggiornare i dati online ogni mese.
In conclusione, da quanto sopra emerge un quadro abbastanza chiaro di evidente scollamento tra i singoli Ordini regionali e tra l’Ordine nazionale e quelli regionali.
Occorre al più presto che il Consiglio nazionale dell’Ordine, d’intesa con il coordinamento dei 20 presidenti degli stessi Ordini regionali, rimetta la situazione nei giusti binari risolvendo nell’occasione anche altri tre problemi rimasti al momento insoluti: 1) quello dei giornalisti residenti all’estero, che per legge dovrebbero essere tutti iscritti d’ufficio all’Ordine del Lazio, mentre risultano erroneamente iscritti almeno in altri 15 Ordini regionali; 2) la verifica a tappeto dell’operatività delle PEC per tutti i giornalisti iscritti con contestuale sospensione dall’Albo degli inadempienti/trasgressori; 3) la previsione di un’apposita casella anagrafica dell’Albo online per tutti quei giornalisti meglio noti con nomi d’arte, pseudonimi, soprannomi o parti di cognomi che altrimenti anche nelle future elezioni con il voto elettronico verrebbero ingiustamente penalizzati. (giornalistitalia.it)
Pierluigi Roesler Franz
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