ROMA – «Ringrazio voi giornalisti per tutto ciò che fate per la democrazia e per la libertà. In particolare ringrazio la stampa parlamentare per quanto fatto nell’ultimo anno». È questo l’unico riferimento alla categoria fatto da Mario Draghi nel corso della conferenza stampa di fine anno, stamane all’Auditorium Antonianum di Roma.
La maggior parte dei 44 giornalisti (sui 50 sorteggiati e 90 accreditati) che ha avuto la possibilità di porre una domanda al presidente del Consiglio ha, infatti, preferito reiterare lo stesso quesito – rimasto ovviamente senza risposta – sul suo eventuale futuro al Quirinale, piuttosto che chiedere – ad esempio – come possono essere garantite libertà e democrazia in un Paese impegnato a varare norme sempre più restrittive in materia di libertà di stampa e sempre meno tutelanti della professione giornalistica.
Eppure il decreto legislativo n. 188 sulla riforma della giustizia, varato da pochi giorni, altro non è che un bavaglio ai cronisti di nera e giudiziaria. Eppure la conferenza stampa è stata organizzata dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (e ad onor del vero il presidente Carlo Bartoli ha chiesto “maggiore protezione” per la categoria dei giornalisti «più volte bersaglio» in tempi di pandemia). Eppure per la conferenza stampa il Cnog si è avvalso della collaborazione dell’Associazione Stampa Parlamentare. Eppure… – come denunciato dal procuratore Nicola Gratteri – la legge “bavaglio” che regola la diffusione delle informazioni riguardanti i procedimenti penali e gli atti di indagine rappresenta «un’involuzione democratica» e «quando questa riforma è stata fatta e si discuteva, l’Ordine e il sindacato dei giornalisti Fnsi hanno detto che erano impegnati in altre cose e non sono andati in commissione a dire che non sono d’accordo».
Certo, anche questa volta, la conferenza stampa di fine anno è servita a focalizzare punti importanti della vita e della politica del nostro Paese e Mario Draghi, oltre che tecnico di indiscusso valore, ha dimostrato di essere un politico navigato e un abilissimo affabulatore dotato – grazie ai tempi europei – di una capacità di sintesi da far invidia ai giornalisti più esperti: «Il mio destino personale non conta nulla. Sono un nonno al servizio delle Istituzioni»; «I vaccini restano lo strumento migliore per combattere il virus e ogni decisione in proposito è guidata dai dati e non dalla politica»; «L’importante è vivere il presente al meglio possibile»; «Dal debito pubblico alto si esce con la crescita e soprattutto con una crescita forte»; «Con i sindacati non c’è mai stato un periodo burrascoso, ma forse bisognava informarli prima dell’elaborazione della manovra e non è stato fatto»; «Lo stato di emergenza non va inteso come un atto di rassegnazione, ma come un atto di necessità»; «Possiamo sperare che le cose vadano meglio, ma ci dobbiamo preparare al peggio. Non sono scienziato, quindi sono incline a prepararmi al peggio per difendere quel poco di tranquillità che ci siamo ritagliati».
Sulla stampa in generale, infine, l’unico riferimento Draghi l’ha fatto rispondendo alla domanda di chi gli ha chiesto se ritenesse giusto dare spazio ai No vax: «Le notizie sui media rispondono al senso che loro hanno sulle percezioni del Paese». Applausi (dei giornalisti), scambio di auguri, foto ricordo, selfie e sipario. (giornalistitalia.it)
Carlo Parisi