Protagonista della “battaglia sul campo”, a Napoli ha insegnato il mestiere a tanti giovani

Addio Giovanni Virnicchi, cronista vecchia maniera

Giovanni Virnicchi

NAPOLI – È morto Giovanni Virnicchi, giornalista professionista dal 1° giugno 1965. Sono davvero tanti i giornalisti campani (napoletani, in particolare) che hanno avuto la possibilità di lavorare al suo fianco e di apprendere piccoli “segreti” del mestiere di cronista di nera e/o giudiziaria. Erano altri tempi: tempi duri “di battaglia sul campo”, tempi di guerra di camorra.

Giovanni Virnicchi

Nato il 23 febbraio 1936, Virnicchi, cronista di nera “vecchia maniera” e con “grande fiuto”, ha vissuto anche i tempi dal ’90 fino alla fine del ’93, al fianco del questore Giuseppe Palumbo. La Squadra Mobile di Napoli era impegnata serratamente nella lotta contro la camorra. Vennero distrutti alcuni “clan storici” della città come quello dei Mariano, attivo ai Quartieri spagnoli. Per il giornalismo erano tempi “imprevedibili”: il tesserino rosso (esame di Stato dopo un periodo di praticantato “abusivo”) era un obiettivo per tanti giovani aspiranti cronisti e quando giungeva la “chiamata” di Giovanni dalla Sala Stampa della Questura “si doveva” scattare, andare sul posto, raccogliere tutte le informazioni e la foto e “dare la notizia”.
Tanti, dagli anni ’80, tantissimi sono i casi che si potrebbero raccontare: tra i tanti, il primo caso del bambino “dichiarato” morto di aids per una trasfusione e l’uccisione di un rapinatore, dentro la vettura, per mano dell’autista “sotto sequestro” da via Crispi al quartiere Soccavo di Napoli. Su entrambi l’edizione pomeridiana del quotidiano “Il Giornale di Napoli”, “Ultimissime” ebbe – come per molti altri – l’esclusiva, “guadagnò” lettori poi affezionati negli anni, anche grazie al lavoro di Giovanni e di “aspiranti colleghi di nera” che, spulciando tra gli interventi della Polizia, anche “via radio”, raccoglievano pochi elementi sul fatto avvenuto e “dalla strada”, raccontavano la Storia, quella “vera”, senza paura, scarna da commenti.
All’epoca il lavoro di un cronista di nera o “aspirante collega” era davvero complesso: occorreva “passione”. Significava “stare in strada” e ascoltare tutte le voci, mai soltanto una. Oggi molti di quei “ragazzi, aspiranti colleghi” che hanno incontrato “l’occasione” di conoscere Giovanni, hanno intrapreso altre strade.
Il “mestiere” di “cronista di nera” è scomparso e Giovanni ha raggiunto colleghi “storici di nera e giudiziaria” come Carmine Spadafora e appassionati colleghi sportivi “prestati alla nera” come Paolo Prestisimone, autore dell’indimenticabile intervista – pubblicata dal quotidiano “Il Giorno” di Milano – a Carmine Giuliano, boss del quartiere Forcella, amico di Diego Armando Maradona. Tutto è cambiato col digitale: il mondo web e i social network hanno stravolto il rapporto tra il pubblico e le notizie. Tutto nell’informazione è cambiato, tranne la realtà a Napoli che “ti mangia il tempo e se vuole sa renderlo dolce e lungo come un sogno” anche se “si parla di cose brutte, sporche e cattive”. Per chi ancora conserva la passione di “dare la notizia”, con la morte di Giovanni, si è chiuso un altro capitolo del giornalismo, quello “di strada”. (giornalistitalia.it)

Angela Mazzocchi

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