ROMA – I dati forniti dal direttore generale del Censis Massimiliano Valerii ci dicono che per l’82,6% degli italiani «la fiducia nella radio è rimasta invariata nell’ultimo anno, per il 6,1% è aumentata». La radio, dunque, batte tutti gli altri media.
Gli analisti del Censis hanno provato un raffronto anche con la televisione e il dato scaturito ci dimostra che «la fiducia degli italiani nella tv è aumentata solo per il 5,8%, quella nella stampa solo per il 2,7%, quella nel web solo per il 2,5%». Grande la radio, insomma.
2° Rapporto Censis «La transizione verso la radiovisione». Il report è stato presentato a Roma da Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis, e da Anna Italia, che è una delle ricercatrici italiane e analiste di punta di questo mondo così “immaginifico”. Protagonisti del dibattito sono stati anche Luca Bernabei, amministratore delegato di Lux Vide, Igor De Biasio, amministratore delegato di Arexpo e consigliere di amministrazione della Rai, Massimo Giletti, che non ha bisogno di presentazioni, e Massimiliano Panarari, saggista e sociologo della comunicazione presso l’Università Mercatorum.
Il direttore generale del Censis, Massimiliano Valerii, lo spiega con un pizzico di enfasi, ampiamente giustificata dai dati analizzati dal suo Istituto: «Lunga vita alla radio – dice – che non teme le piattaforme digitali.
Il 63,1% degli italiani è convinto, infatti, che il futuro dei contenuti audio non saranno le piattaforme online di musica a pagamento, che offrono lo streaming on demand di brani selezionati in base ai gusti personali dell’utente, la pensa così anche il 51,7% dei più giovani.
Per il pubblico due fattori conferiscono un valore aggiunto alla programmazione radiofonica rispetto alle piattaforme digitali: i contenuti realizzati da una redazione di professionisti e la programmazione in diretta».
Non ci crederebbe nessuno se la notizia non ci venisse dall’autorevolezza del Censis, ma a proposito per esempio della pandemia da Covid «I programmi radiofonici – ci spiegano gli analisti – sono usciti benissimo dall’infodemia scatenata dall’emergenza sanitaria».
«I dati sugli ascolti – sottolinea Anna Italia – certificano che la modernità e la flessibilità della radio le hanno consentito di resistere nell’annus horribilis della pandemia, per cui tra il primo semestre del 2019 e lo stesso periodo del 2021, a fronte della perdita in un giorno medio del 4,6% dei radioascoltatori, determinata soprattutto dalla riduzione del 12,3% di chi segue i programmi da autoradio, c’è stata una crescita di circa l’8% degli ascolti (e delle visioni) da tutti gli altri device, e un aumento del 4,7% dei radio spettatori da schermo tv, che in un giorno medio sono quasi 4,2 milioni».
Non solo, ma i primi dati relativi alla scorsa estate testimoniano di una forte crescita dei radioascoltatori, che in un giorno medio superano nuovamente i 34 milioni, e tornano ai livelli pre-pandemia. Un record assoluto.
Informazione diretta, continua, qualità dell’informazione e soprattutto serietà e severità nel racconto e nel linguaggio parlato, è stato questo il grande segreto del successo in una delle fasi più delicate e più difficili per la vita del Paese. Per un vecchio cronista che ha iniziato il suo lavoro proprio alla radio sono parole bellissime.
Pensate che i dati presentati a Roma ci dicono che il 90,1% delle persone intercettate sottolinea la differenza tra i programmi offerti all’interno di un palinsesto realizzato da redazioni professionali, ricco di musica e di contenuti informativi, e le piattaforme on demand, che offrono esclusivamente musica selezionata in modo personalizzato. E l’85,2% sottolinea che la «peculiarità della radio è di essere live e di riuscire così a mantenere un contatto diretto con il proprio pubblico».
Qualità, dunque, affidabilità, soprattutto modernità nel senso pieno del termine. Radio e immagini diventano quindi un mix esplosivo e di grande suggestione per i sociologi della Tv.
Sono più di 4 milioni gli italiani che seguono ogni giorno la radiovisione dagli schermi televisivi. E gli analisti del Censis ci dicono anche che «Sono aumentati del 4,7% nel primo semestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2019».
Ma gli italiani che guardano anche saltuariamente la radio in tv – e questo è il vero dato scoop del momento – superano gli 11 milioni. Vale la pena di entrare qui nel merito di queste cifre perché più di 5 milioni di italiani, nell’ultimo anno e mezzo, hanno scoperto per la prima volta la radiovisione sugli schermi televisivi.
Quelli che, invece, seguono i programmi radiofonici da device diversi da quelli tradizionali sono complessivamente più di 19 milioni.
Per il Censis l’81,4% degli italiani «è convinto che la radiovisione sia un nuovo media che combina i contenuti di qualità della radio con le infinite possibilità di ascolto e di visione in diretta su una molteplicità di schermi: il televisore, il pc, il tablet e lo smartphone».
L’81,7% degli italiani ritiene che il successo dei programmi radiofonici dipenda dalla credibilità e affidabilità dei loro contenuti. Le notizie di politica nazionale sono quelle che interessano di più gli utenti: il 40,1%.
Al secondo posto, in forte crescita nell’anno della pandemia, le notizie riguardanti scienza, medicina e tecnologia: catturano l’attenzione del 34,9%. Seguono: stili di vita, viaggi e cucina (28,8%), cronaca nera (27,9%), sport (26,7%), cultura e spettacoli (25,8%). Ma anche in questo esiste una “Differenza di genere”, e “Interessi diversi”.
I gusti degli utenti della radio – aggiungono gli analisti del Censis – cambiano in base al sesso. Gli uomini preferiscono la politica nazionale (il 45,5% contro il 34,4% delle donne), lo sport (il 45,4% contro il 7,2%) e l’economia (il 23,2% contro il 9,9%).
Le donne sono attratte di più dalle notizie riguardanti stili di vita, viaggi e cucina (il 40,5% contro il 17,5% degli uomini), cultura e spettacolo (il 33,8% contro il 18,1%), gossip e cronaca rosa (il 28,8% contro il 6,2%).
Ma quale sarà il futuro della radio?
Il segreto del successo degli editori, anche nel futuro – risponde per tutti Anna Italia che nei fatti ha curato questo Secondo Dossier sulla Radiovisione – «starà sempre più nella loro capacità di cogliere i cambiamenti nei gusti e negli stili di vita degli italiani e di trasferirli all’interno di una piattaforma che, necessariamente, sarà sempre più ricca di opzioni e di proposte».
Dal Censis dunque, ancora una volta, una straordinaria lezione di comunicazione e di giornalismo radiotelevisivo, che in pratica vuol dire la “modernità dell’informazione”.
«Del resto, quanto successo sino ad ora all’interno del panorama dei programmi e dei contenuti radio – conclude Anna Italia – indicano che la radio avrà una lunga vita, nuove modalità di visione e di ascolto si affacceranno sulla scena e coesisteranno con quelle precedenti senza eliminarle del tutto». (giornalistitalia.it)
Pino Nano