Caporedattore e prestigiosa firma del Corriere della Sera rifuggiva ogni snobismo

Addio Ranieri Polese, la cultura accessibile a tutti

Ranieri Polese

MILANO – Corriere della Sera in lutto per la scomparsa di Ranieri Polese, prestigiosa firma delle pagine della cultura del quotidiano. Aveva 75 anni e da cinque combatteva tenacemente contro un tumore.
Nato a Pisa il 5 aprile 1946, all’Università di Firenze aveva studiato filosofia con Cesare Luporini ed era giornalista professionista iscritto all’Ordine della Lombardia dal 22 maggio 1981. Dopo aver lavorato al quotidiano La Nazione e al settimanale L’Europeo, era approdato in via Solferino nel 1989 con la qualifica di caporedattore delle pagine culturali.

Ranieri Polese

Uomo di cultura sconfinata e di curiosità onnivora, rifuggiva lo stile paludato o gli snobismi di ogni tipo, mescolando con una grazia e un’ironia davvero singolari alto e basso, e occupandosi di letteratura come di teatro, di musica come di cinema: così fu per anni inviato anche a Sanremo, da dove scriveva interviste sublimi a vallette e ad altri “mostri” da palcoscenico, e fu chiamato poi anche come selezionatore alla Mostra del Cinema di Venezia.
Tra i suoi libri anche “II film della mia vita” (Rizzoli). Aveva curato la prefazione di “Le mie canzoni” di Vasco Rossi (Mondadori) e dal 2005 era curatore dell’Almanacco Guanda, pubblicazione a cadenza annuale che affida a scrittori diversi il compito di approfondire un tema monografico.
«Un eclettismo – ricorda Marzio Breda sul Corriere della Sera – che gli ha consentito di mischiare “alto e basso” della letteratura, del teatro, del cinema (era nel sindacato dei critici dagli anni Settanta e fu tra i selezionatori alla Biennale di Venezia), della musica e di ogni forma d’arte, più o meno tradizionale, sperimentale o alternativa, purché anticipasse lo spirito del tempo. Ranieri Polese, insomma, accoglieva tutto. Senza pigrizie o snobismi, con generosità anche verso gli ultimi arrivati sulla scena pubblica perché, oltre ad avere il genio dell’amicizia, era appunto generoso.
Un canone di autenticità e libertà al quale è stato sino all’ultimo coerente. Lo provano i temi che, in veste di caporedattore, ha fatto esplorare dai colleghi, come i temi che ha approfondito in prima persona, da inviato e editorialista. Scorrere adesso quelle pagine del “Corriere” permette di comporre il suo ritratto intellettuale e morale. Un profilo importante, che si completa con alcuni suoi libri (ad esempio Tu chiamale se vuoi… e Per un bacio d’amor, editi da Archinto), rivelatisi molto più che raffinati divertissement sui debiti letterari delle canzonette. Su di lui, poi, un supplemento di conoscenza lo offre la raccolta dell’Almanacco Guanda, che ha curato per anni e in cui si sono riverberate le sue passioni civili». (giornalistitalia.it)

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